VERGA E DINA: AMORE E COLLABORAZIONE di Davide Oreste Claudio Guglielmino


Davide Guglielmino(a sinistra), le sorelle Giammona(protagoniste de "La terra trema") e al centro una collega universitaria, presso la Scuola Media Statale Roberto Rimini di Acitrezza per la presentazione del Parco Letterario del Verga


Una foto di gruppo con il protagonista principale del film "La terra trema" Antonio Arcidiacono

1. L'AMORE

Giovanni Verga conobbe Francesca Giovanna Annunziata Castellazzi contessa di Sordevolo nel 1881 a Roma, presso l'hotel Milan di piazza Montecitorio. Era nata a Torino il 25 marzo 1860; da Annunziata deriva il diminutivo Dina con cui si faceva chiamare. Dina era non solo una donna affascinante ma anche molto colta, quindi per lui non fu difficile innamorarsene. Il loro fu un rapporto molto complesso, fatto di amicizia, amore, confidenza, stima, collaborazione, incontri furtivi, separazioni, avvicinamenti, aiuti economici. Un rapporto che, comunque, tra alti e bassi, durò tutta la vita. Tutto ciò viene confermato da un ampio epistolario, ben 703 lettere inviate dal Verga a Dina tra il 1896 e il 1921, in cui scopriamo un << nuovo >> Verga: sentimentale e passionale. Egli si esprimeva nei confronti di Dina in questi termini: "[…] Come ti amo, e come tu vivi dentro di me e mi fai gioire e penare! Quante cose vorrei dirti! Quanto bene ti voglio! Dammi le tue manine, la tua bocca, tutto! Non voglio pensare al poi, sono felice al solo pensiero di rivederti fra due giorni. Ti stringo forte forte fra le braccia che non vorrebbero lasciarti più, e dalle quali bramerei che non vorresti staccarti mai più.[…]".(lettera del 22 ottobre 1900). (1) "Grazie, grazie, Dina mia! Tu sei la mia gioia, il mio amore e il mio conforto. Sì, ti credo, ho fede piena, incrollabile in te, nell'amante, nella sorella, nell'amico saldo e sicuro -sempre- checché avvenga. Non "Tacermi il bene che mi vuoi" e che è il mio solo bene. Dammi il tuo cuore, sempre, aperto, e leggi nel mio, credi in esso, in qualsiasi evento, malgrado le pene che ti vengono forse dalla mia mente inferma, o dalla vita. […] Oh, Dina amata! Dolce cura mia! Il cruccio, se mai, è di non poterti vedere e sapere bene e tranquilla come vorrei. Quando penso alla tua solitudine, la notte, e quando stai poco bene, e ti vedo a stirare colla febbre, o a preparare un po' di brodo! Tu che sei la parte più cara, e delicata e sensibile di me! […] Resta fra le mie braccia, e allacciami le tue al collo, cuore a cuore, indissolubilmente, meglio e più forte, che con ogni altro vincolo umano ed esteriore.[…]". (lettera del 2 gennaio 1904). "Dinuzza mia, non ho più carta, ma ho il cuore pieno di te, e voglio scriverti, comunque sia, pensare a te e parlare con te[…]". (lettera del 7 gennaio 1904). "Penso a te, ti desidero, vorrei averti vicina, essere con te, non importa dove, Dinuzza cara, ti mando il mio saluto, buona Pasqua.[…]".(lettera del 1 aprile 1904). "Vorrei poterti stringere al cuore, per confortarti almeno, Dinuzza cara, e farti animo, e farci animo, e farti sentire il bene che ti voglio. Cattiva! Che vai almanaccando per tormentarti anche in immaginazione. Non son più quello di prima? Non ti voglio più?[…] Desidero tanto tanto rivederti presto. Ho bisogno di vederti, di esserti vicino, di tirare il fiato, di respirare meglio. Ti abbraccio al cuore con tutto il cuore a te[…]". (lettera del 15 marzo 1908). Dina venuta a conoscenza della morte del suo amato, avvenuta il 27 gennaio 1922, grazie ad un telegramma inviatole da Giovannino Verga, nipote dello scrittore, che così diceva: "Partecipando addoloratissimo morte zio avvenuta stamani ore 10,15 a lei, amica devota del caro defunto, Le invio i sensi della mia più cordiale simpatia e amicizia."(2), rispose con una commovente lettera che è un ulteriore documento del suo profondo amore nei confronti dello scrittore: "Lo portano via a quest'ora… dalla Sua casa… ed io non sono lì Giovannino…non sono lì accanto a lui! Ma l'anima mia, la parte migliore della mia anima l'accompagna… Quella nessuno la vede, nessuno la sente anche se geme, anche se si spezza! No, non è morto per me! Egli risorge più vivo… più smagliante che mai! Mi inginocchio davanti alla sua salma e mi appare quale lo conobbi trentaquattro anni fa! Tutto mi avvince… come allora… sì ove di mio non rimane più nulla. Fu una stretta di passione, così ardente che ancora ne vibro al solo ricordo! Ah! Giovannino! Che strazio. E non ne muoio….. Dimmi che non ha sofferto; Che il suo viso amato conserva l'alea serenità che lo irradiava ! Se ti giurassi che non dormii quella notte fatale?… Se ti giurassi che ieri mattina lungo il tragitto da casa mia allo studio io non feci che pregare per Lui, invocando Iddio che gli accordasse una buona morte? Erano le dieci e dieci quando passai davanti la stazione… alle undici sul tavolo di mio fratello io leggevo la terribile notizia! Credi adesso che la mia anima fosse sciolta dalla Sua? No, no, no! Sempre mi sono tenuta vicino a Lui. Sempre malgrado gli anni, il tempo, i guai della vita e della lontananza! E adesso come vivrò? Di che? Del suo ricordo, delle sue parole care? L'avrò più vicino forte. Egli mi assisterà non è vero?… Mi darà la forza di giungere alla fine, nascondendo il mio dolore! Dio gli conceda tutto il bene che si merita. Coraggio! Giovannino, sii forte anche tu. Bacia per me il suo letto, lo scrittoio, tutto ciò che egli faceva. Ah! come la ricordo la sua camera… il suo studio, la sua biblioteca! Che strazio mio Dio! Che strazio! Ti stringo tra le braccia riversando ogni bene su te buono che lo hai assistito sempre… su tua moglie, su le persone che ami! Non mi dimenticare tu che sai quanto l ' ho amato, quanto mi amava! Abbi pietà di questo povero essere a cui manca il respiro, la vita! Grazie di esserti ricordato di me. "Distruggi le mie lettere" .Vedi se per caso non avesse risposto all'ultima mia di pochi giorni or sono. Fa che non vada persa. Da lui non ne ricevetti dopo il 24 scorso! Ed ora addio. Piango tutte le mie lagrime. La povera amica tua Dina di Sordevolo. Lungotevere Mellini, 39 (Roma)". (3)

2. LA COLLABORAZIONE

L'interesse di Verga per il cinema risale al 1909 quando Giulia Dembowska, nota anche con lo pseudonimo di Giulia Darsenne, traduttrice francese della sua opera, gli inviò una lettera in cui gli chiedeva il permesso "pour l' adaptation cinèmatographique" della Cavalleria rusticana a nome dell'A.C.A.D. (Association Cinematographiques Des Auteurs Dramatiques). Egli accettò subito, per la somma di 500 franchi, senza minimamente preoccuparsi di leggere la sceneggiatura da lei elaborata, quindi di fronte alla visione del film, realizzato nel 1910 dal regista Emile Chautard, scrisse a Dina: " […] Figurati che di Cavalleria rusticana ne fecero una rappresentazione che io non arrivavo a capire quando andai per curiosità a vederla. Ma tant'è così serviva a loro[…]".(lettera del 17 gennaio 1912).Nonostante ciò egli, per motivi economici, continuò a far ridurre per il cinema gran parte della sua opera narrativa. E' proprio in questo momento che Verga volle avere al suo fianco Dina, che diventò una sua fedelissima collaboratrice. Sempre nella lettera del 17 gennaio 1912 Verga diceva: "[…] Metto perciò a tua disposizione quelli dei miei drammi, novelle e romanzi che ti servono, e facciamoli pure cinematografare, ben inteso a tuo totale beneficio, che io non voglio nulla ed è cosa tua.[…]". In un primo tempo lo scrittore restò infatti lontano dagli adattamenti per il cinematografo tratti dalla sua opera: "[…]A sceneggiare le mie novelle o romanzi ed anche il mio teatro figurati! A quello scopo io dunque non sono adatto e non saprei fare.[…]".(lettera del 17 gennaio 1912). Successivamente, grazie all'insistenza di Dina, accettò di partecipare a questa avventura a condizione di tenerla segreta: "[…]Ma vi prego e vi scongiuro di non dir mai che io abbia messo le mani in questa manipolazione culinaria delle cose mie. […]".(lettera del 25 aprile 1912); "[…]Ma tenetemi il segreto, vi scongiuro, quanto alla mia collaborazione cinematografica. Siamo intesi?[…]".(lettera del 24 febbraio 1913); "[…]Però vi prego caldamente di conservarmi l'anonimo, e di non far cenno ad alcuno della mia collaborazione. Sia come cosa vostra[…]".(lettera del 21 marzo 1913); "[…]Non voglio confessarmi autore di simili contraffazioni artistiche, buone soltanto a cavarne qualche utile.[…] Fatemi dunque il gran favore di tenermi il segreto.[…]". (lettera del 15 maggio1913). La collaborazione durò a lungo: Verga scriveva, Dina correggeva e poi, dopo che lo scrittore aveva riletto il tutto, ricopiava e firmava. Egli cedette i diritti d'autore a Dina e, mensilmente, le inviava 100 lire. Tutto ciò viene confermato da numerose lettere: "[…]Ad ogni modo ditemi se volete assolutamente che io vi fornisca cotesti schemi, e me ne occuperò per fare quanto posso.[…] Io vorrei risparmiarvi in tutto questo ogni noia e ogni fatica, aiutandovi e giovandovi come meglio posso, cara amica mia; e del resto, come vi scrissi, e come anche voi mi fate sapere adesso, l'opera di sceneggiatura spetta alla casa, non solo, ma la casa la imposta e sposta, e a nulla servirebbe la vostra o la mia fatica.[…]".(lettera del 23 marzo 1912); "Ho quasi terminato il lavoro che vi avevo promesso. Mi ha dato un po' da fare, ma mi sembra sia venuto bene allo scopo cui è destinato, e che possiate servirvene. Vedrete poi che ve ne sembra e potrete raddrizzargli le gambe a modo vostro, al caso.[…]".(lettera del 21 marzo 1913); "[…]Fatemi dunque il gran favore […]di ricopiare, quando ne avrete il tempo, il manoscritto, che darete come cosa vostra .[…]".(lettera del 15 maggio1913); "[…]A vostro tempo, rimandatemi poi i due originali, che non voglio vadano in giro, dopo averli ricopiati a tempo e modo vostro.[…]".(lettera del 17 giugno 1913); "Carissima amica, ho ricevuto dall'avv. Giaconia le vostre riduzioni di Vendetta di salotto, Storie del castello di Trezza, La Lupa, L'amante di Gramigna e Storia di una capinera. Di quest'ultima avete già l'altra versione dell'adattamento che feci io; ma fatene voi quel conto che credete, e servitevi dell'una o dell'altra come credete meglio per collocarla.[…]".(lettera del 10 dicembre 1913). Dal 1916 al 1920 Verga collaborò con la Silentium Film, una società milanese di produzioni cinematografiche diretta dal conte Luigi Grabinski Broglio. Erano membri di questa compagnia milanese, oltre a Verga, Marco Praga, Renato Simoni, Dario Niccodemi, Alfredo Testoni, Giuseppe Adami, che si impegnarono a fornire due sceneggiature l'anno. Il rapporto di Verga con la Silentium fu molto difficile a causa di problemi contrattuali legati all'esclusività delle sue opere: fu questo il motivo della fine dei rapporti. Dalla Silentium, comunque, furono realizzati nel 1917 con la regia di Giuseppe Sterni: Caccia al lupo e Storia di una capinera; nel 1919 Eva, regia di Ivo Illuminati. Sempre per la Silentium Verga aveva scritto altri due soggetti: Caccia alla volpe, tratto dal bozzetto scenico in un atto omonimo; Storie e leggende, tratto dalla novella Storie del castello di Trezza. Entrambi i soggetti non furono mai usati. Oltre alla Caccia alla volpe e Storie e leggende, esistono altre tre sceneggiature verghiane: Caccia al lupo, dalla novella e dall'atto unico omonimi; Storia di una capinera, dal romanzo omonimo; Cavalleria rusticana, dalla novella e dall'atto unico omonimi. Altre sceneggiature, a noi non pervenute, anche se non adattate da Verga, sono: I Carbonari della montagna, Eva, Una peccatrice, Tigre reale, Il marito di Elena, La Lupa, L'amante di Gramigna. In esse intervenne Dina Castellazzi di Sordevolo che, spesso, chiedeva consigli al Verga, che le dava totale libertà rendendola << arbitra >> della sua opera: "[…] Fate voi, fate voi, amica mia, come potete e come volete meglio. Io ve l'abbandono ac cadavere. […]".(lettera del 6 aprile 1912). Come si può notare, fu privilegiata la produzione giovanile dello scrittore, quella romantico - sentimentale, che era probabilmente la più adatta per un ampio pubblico. Non a caso Verga si convinse che: "[…]Del Mastro - don Gesualdo e dei Malavoglia[…] non c'è da far nulla pel gusto di questo pubblico.[…]".(lettera del 25 aprile 1912). Egli si riferiva sicuramente a film come Cabiria adatti ad: "[…]Abbrutire il pubblico e accecare la gente.[…]". (lettera del 20 febbraio 1912). Ancora vivo lo scrittore furono girati: Tigre reale, nel 1916 per la Itala Film di Torino, regia di Giovanni Pastrone; Una peccatrice, nel 1918 per la Polifilm di Napoli, regia di Giulio Antamoro; Il marito di Elena, nel 1920 per la Chimera Film, regia di Riccardo Cassano. La ricostruzione del rapporto di Verga con il cinema, sin qui condotta, mostra una certa ambiguità di comportamento da parte dello scrittore. Infatti egli, nonostante avesse più volte ribadito il proprio disprezzo nei confronti del cinema, definendolo "castigo di Dio" e "romanzo d'appendice per analfabeti", collaborò attivamente con esso, sforzandosi di adeguare il proprio stile alle peculiari caratteristiche del linguaggio cinematografico. Gli esiti, ai quali egli giunse sono positivi, considerando anche il clima in cui si trovò ad operare. Il cinema, che in quel periodo stava sviluppandosi, era un nuovo strumento espressivo, che imponeva di trasformare il racconto in immagine in movimento, suscitando così nello scrittore non poche perplessità. Lauti risarcimenti economici gli fecero superare l'iniziale diffidenza e lo spinsero a collaborare attivamente a questa nuova forma espressiva.

Note. (1) Giovanni Verga, Lettere d'amore, a cura di Gino Raya, Roma, Tindalo,1970. ( Per tutte le lettere citate d'ora innanzi si rimanda a questo volume.). (2) Giovanni Garra Agosta, La biblioteca di Giovanni Verga, Catania, Edizioni Greco,1977. (3) Ibidem.

FILMOGRAFIA VERGHIANA.

- Cavalleria rusticana, Regia Emile Chautard Francia, 1910

- Cavalleria rusticana, Regia Ugo Falena Italia, 1916

- Cavalleria rusticana, Regia Ubaldo Maria Del Colle Italia, 1916

- Tigre reale, Regia Giovanni Pastrone Italia, 1916

- Caccia al lupo, Regia Giuseppe Sterni Italia, 1917

- Storia di una capinera, Regia Giuseppe Sterni Italia, 1917

- Una peccatrice, Regia Giulio Antamoro Italia, 1918

- Eva, Regia Ivo Illuminati Italia, 1919

- Il marito di Elena, Regia Riccardo Cassano Italia, 1921

- Cavalleria rusticana, Regia Mario Gargiulo Italia, 1924

- Vendetta, Regia Lew Seiler USA, 1932

- Cavalleria rusticana, Regia Amleto Palermi Italia, 1939

- Storia di una capinera, Regia Gennaro Righelli Italia, 1945

- La terra trema, Regia Luchino Visconti Italia, 1948

- La Lupa, Regia Alberto Lattuada Italia, 1953 - Cavalleria rusticana, Regia Carmine Gallone Italia, 1954

- Mastro - don Gesualdo, Regia Giacomo Vaccari Italia, 1964

- Cavalleria rusticana, episodio del film Io uccido, tu uccidi, Regia Gianni Puccini Italia, 1965

- L'amante di Gramigna, Regia Carlo Lizzani Italia - Bulgaria, 1969

- Bronte: cronaca di un massacro che i libri di storia non hanno raccontato, Regia Florestano Vancini Italia, 1972

- Cavalleria rusticana, Regia Franco Zeffirelli Italia, 1984

- Storia di una capinera, Regia Franco Zeffirelli Italia, 1994

- La Lupa, Regia Gabriele Lavia Italia, 1996

CURRICULUM

Davide Oreste Claudio Guglielmino è nato a Catania il 14 gennaio 1976, dopo aver conseguito il diploma di maturità classica si è iscritto alla facoltà di Lettere dell'Università di Catania, dove si è laureato con il massimo dei voti il 14 marzo 2001 discutendo una tesi intitolata: " Verga e il cinema: La caccia al lupo e La lupa. ". Dall'ottobre del 2001 scrive per il trimestrale di informazione culturale " AGORA' ". Da sempre appassionato di letteratura, teatro e cinema ha svolto un lavoro su un aspetto poco approfondito dell'arte verghiana, cioè il rapporto tra la produzione letteraria e teatrale dello scrittore e il cinema sottolineandone le peculiari caratteristiche e i sottili legami esistenti fra loro. Le notizie quì riportate sono un estratto del suo lavoro.
E-mail: davidegugli@tiscalinet.it

 

©Grasso Giovanni e Antonio Guarnera 2000-2002


Sei il visitatore n°
dal 15/07/2000