TARQUET
di Orazio Arena
Oramai
tace il dolce
Rumore dei passi.
(Il mercante s’è accordato per pochi spiccioli)
Uomo!
E’
così facile
Prevedere la fine?
Come e quando
Rapisci l’addio
Dal cuore
Terre straniere
Ci inducono a tacere…
Sai,
ho
incontrato loro
sul retrobottega
i benefattori;
giacca – cravatta –
misto lacera, dipinta a mano
con su scritto:
(a caratteri cubitali)
insabbiati
e dolenti
ma…
un po’ di vermi aprirono
quei discorsi
stanchi e annoiati
d’esser lì.
Dopo giorni sul
Limite
Un semplice epilogo
Di marionette
Pulite ed ammassate
(con fili bene attaccati all’estrema radice estiva)
Sul giardino del
Gentiluomo
Un fulmine d’oriente
Ci vede
E cambia canale,
cambia traguardo,
si traveste di nero.
Labbra e mistero
Sei felice?
Cosciente…
Suoni di fede
Suoni di silenzio bassi
Sei convinto del
Giovane rimbalzo?
Sei cieco fino al collo?
Ne sei certo che la città darà lo spettacolo?
C’è una favola
Di donzelle illuminate
“che ti vogliono raccontare”
Drammi a fuoco lento
Giochi parlati dal governatore
Muoviti e spera che finisca!
Muoviti e preparati che finisce!
La polvere è nelle mani
E le mani ne sono piene,
unghie baciate da lussuosi percorsi sono pieni
cadaveri di pane nei boschi d’occidente sono pieni
Indicativi
al pienone
“la paura è una fata daglio occhi
di velluto da cui è difficile sottrarsi”
“il
potere è il demonio”
e quella arguta astuzia di possederlo
è la sua più illustre compagna.
Giro in un angolo martoriato dalla fatica (suda parecchio)
Quel salice non è ben visto dai predicatori in carrozza
Volontà volle che muoia stanotte.
Con esattezza.
Auguri
al fantasma
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