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"U pisci a mari"
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Ogni anno, ad Acitrezza, antico villaggio dei
Malavoglia, teatro del romanzo verghiano, durante le celebrazioni del
patrono, S.Giovanni Battista, il 24 giugno, si rinnova una tradizione che
risale all'inaugurazione della statua lignea del Battista, intorno al
1750. E’ la pantomima del pesce a mare, "u pisci a mari", rito
propiziatorio, parodia della pesca del pesce spada che si svolgeva nello
stretto di Messina. La pesca del pesce spada rappresenta, per il popolo
protagonista, la continua lotta con gli elementi naturali, per
sopravvivere, in una terra che come pane ha il pesce.
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Foto A. Fragalà
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I vecchi ricordano dal racconto dei padri che sino al
1870, il paese veniva addobbato con pennoni e bandiere e illuminato con
lucerne di terracotta alimentate ad olio di oliva. Alla vigilia della
festa, i trezzoti mangiavano le fave nuove perché ritenevano
facessero scontare loro i peccati. Alcuni raccoglievano l'erba puleggia,
i cui vapori lenivano i dolori facciali mentre altri, specie chi aveva
una malattia agli occhi, facevano il bagno il giorno di S. Giovanni
Battista ritenendolo miracoloso. Le donne e i bambini, per adempiere ai voti fatti
durante l'anno, indossavano (e ancora oggi lo fanno) dei capi colore
rosso, e una cordicina gialla che circondava loro la vita.
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La sera della vigilia di S. Giovanni, al termine della
processione, aperta da un tamburo battente, il sacerdote, che portava le
reliquie del santo, si fermava sulla piazza antistante la chiesa e, in una
atmosfera di grande suggestione, benediceva il mare unico giudice, insieme
a Dio, della vita o della morte dei pescatori.
Intorno al 1822, in occasione della festa, si racconta
che i trezzoti rappresentavano la "Conquista di Algeri", il
bombardamento e l'assalto di alcune fortezze turche da parte della flotta
cristiana, episodio saliente dell'impresa di Carlo V nel 1541.
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Oggi "U Pisci a Mari" si è vestito di altri
colori. Tra la enorme folla, che quasi non trova posto sui bracci del
porto dove sta assiepata, U Raisi, colui che dirige la pesca, si
avvia ballando sulla spiaggia, ostentando, calzoni corti, un cappellaccio
di paglia, stracci rossi e gialli, e una fascia purpurea a tracolla. Con
fare minaccioso muove una canna di foglie fresche sulla mano destra ed un
ombrello sulla sinistra. Alcuni pescatori, indossanti stracci color rosso
sangue, iniziano la cala della barca. Si comincia la pesca "du
pisci", rappresentato da un gsperto nuotatore che furtivamente
si immerge nello specchio di acqua teatro della pantomima, nascondendosi
tra le numerose imbarcazioni colme di gente che osserva più da vicino l’avvenimento
e urla ai protagonisti incitandoli.
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Il Raisi, dall'alto di uno scoglio, avvista il pesce, lancia
segnali, urla frasi in gergo antico e incita i marinai a catturarlo. Dopo
vari tentativi il pesce viene preso e levato a bordo, ma riesce a
scappare. I pescatori imprecano contro la mala sorte, si accapigliano e il
Raisi, disperato, si getta in acqua. L'inseguimento del pesce
continua. E’ iniziata la vera lotta e questa volta la preda viene ferita
e catturata, e il mare si tinge del suo sangue rosso.
Due pescatori
tengono saldamente il pesce-uomo per le braccia e le gambe e mentre
minacciano di squartarlo, con una grande mannaia, questo si agita ormai
conscio del suo destino.
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Quando i teatranti urlano la bontà delle carni
per il pesce sembra davvero finita. Ma a pochi metri dall'approdo fugge
definitivamente, scomparendo tra i flutti. Gli spettatori gridano, i
pescatori in preda allo sconforto capovolgono la barca e il susseguirsi
dei tuffi, dei giovani spettatori, nel mare scintillante, sotto un sole d’estate,
chiudono l’ennesima rappresentazione della continua lotta dell’uomo
per sopravvivere in questi luoghi.
Tra i teatranti i più pittoreschi sono: il compianto Alfio Ingalisi (Mezzasega), Nino
Valastro (U Mottu), Turi Valastro (Scoccia), Bastianu 'u Signuri, Nicola
'u pisci.
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