CAPITOLO VII
Quello
fu un brutto Natale pei Malavoglia; giusto in quel tempo anche Luca prese il suo
numero alla leva, un numero basso da povero diavolo, e se ne andò a fare il
soldato senza tanti piagnistei, che ormai ci aveva fatto il callo. Stavolta 'Ntoni
accompagnando il fratello col berretto sull'orecchio, talché pareva fosse lui
che partisse, gli diceva che non era nulla, e anche lui aveva fatto il soldato.
Quel giorno pioveva, e la strada era tutta una pozzanghera.
- Non voglio che mi accompagnate; - ripeteva
Luca alla mamma - già la stazione è lontana. - E stava sull'uscio a veder
piovere sul nespolo, col suo fardelletto sotto il braccio. Poi baciò la mano al
nonno e alla mamma, e abbracciò Mena e i fratelli. Così la Longa se lo vide
partire sotto l'ombrello, accompagnato da tutto il parentado, saltando sui
ciottoli della stradicciuola, ch'era tutta una pozzanghera, e il ragazzo,
siccome era giudizioso quanto il nonno, si rimboccò i calzoni sul ballatoio,
sebbene non li avrebbe messi più, ora che lo vestivano da soldato.
«Questo qui non scriverà per denari,
quando sarà laggiù;» pensava il vecchio «e se Dio gli dà giorni lunghi, la
tira su un'altra volta la casa del nespolo». Ma Dio non gliene diede giorni
lunghi, appunto perché era fatto di quella pasta; - e quando giunse più tardi
la notizia che era morto, alla Longa le rimase quella spina che l'aveva lasciato
partire colla pioggia, e non l'aveva accompagnato alla stazione.
- Mamma! - disse Luca tornando indietro,
perché gli piangeva il cuore di lasciarla così zitta zitta sul ballatoio, come
la Madonna addolorata - quando tornerò vi avviserò prima, e così verrete ad
incontrarmi tutti alla stazione. - E quelle parole Maruzza non le dimenticò
finché le chiusero gli occhi; e sino a quel giorno si portò fitta nel cuore
quell'altra spina che il suo ragazzo non assisteva alla festa che si fece quando
misero di nuovo in mare la Provvidenza, mentre c'era tutto il paese, e
Barbara Zuppidda s'era affacciata colla scopa per spazzar via i trucioli. - Lo
faccio per amor vostro; - aveva detto a 'Ntoni di patron 'Ntoni - perché è la
vostra Provvidenza.
- Voi colla scopa in mano sembrate una
regina - rispose 'Ntoni. - In tutta Trezza non c'è una brava massaia come voi!
- Ora che vi portate via la Provvidenza
non ci verrete più da questa parti, compare 'Ntoni.
- Sì che ci verrò. E poi per andare alla sciara
questa è la strada più corta.
- Ci verrete per vedere la Mangiacarrubbe,
che si mette alla finestra quando passate.
- La Mangiacarrubbe gliela lascio a Rocco
Spatu, ché ci ho altro pel capo.
- Chissà quante ce ne avete in testa, delle
belle ragazze di fuori regno, non è vero?
- Qui ce n'è pure di belle ragazze, comare
Barbara, e lo so io.
- Davvero?
- Per l'anima mia.
- O a voi che ve ne importa?
- Me ne importa, sì! ma ad esse non gliene
importa di me, perché ci hanno i zerbinotti che passeggiano sotto le finestre,
colle scarpe inverniciate.
- Io non le guardo nemmeno, le scarpe
inverniciate, per la Madonna dell'Ognina! La mamma dice che le scarpe
inverniciate son fatte per mangiarci la dote e ogni cosa; e qualche bel giorno
vuole uscire fuori sulla strada, colla rocca in mano, a fare una commedia con
quel don Silvestro, se non mi lascia in pace.
- Che lo dite sul serio, comare Barbara?
- Sì, davvero!
- Questa cosa mi piace! - disse 'Ntoni.
- Sentite, andateci il lunedì alla sciara,
quando mia madre va alla fiera.
- Al lunedì il nonno non mi lascerà
pigliar fiato, ora che mettiamo in mare la Provvidenza.
Appena mastro Turi disse che la barca era in
ordine, padron 'Ntoni venne a pigliarsela con i suoi ragazzi, e tutti gli amici,
e la Provvidenza, mentre camminava verso la marina, barcollava sui sassi
come avesse il mal di mare, in mezzo alla folla.
- Date qua! - gli gridava più forte di
tutti compare Zuppiddo; ma gli altri sudavano e gridavano per spingerla sui
regoli; quando la barca inciampava nei sassi. - Lasciate fare a me; se no me la
piglio in braccio come una bambina, e ve la metto nell'acqua tutta in una volta.
- Compare Turi è capace di farlo, con
quelle braccia! - dicevano alcuni. - Oppure: - Adesso i Malavoglia si mettono di
nuovo a cavallo.
- Quel diavolo di compare Zuppiddo ci ha le
fate nelle mani! - esclamavano. - Guardate come l'ha ridotta, che prima sembrava
una scarpaccia vecchia addirittura!
E davvero adesso la Provvidenza
sgmbrava tutt'altra cosa, lucente della pece nuova, e con quella bella fascia
rossa lungo il bordo, e sulla poppa il San Francesco con la barba che sembrava
di bambagia, talché persino la Longa si era riconciliata con la Provvidenza,
da quando era tornata senza suo marito, e aveva fatto la pace per paura, ora che
era venuto l'usciere.
- Viva San Francesco! - gridava ognuno come
vedeva passare la Provvidenza, e il figlio della Locca gridava più forte
degli altri, per la speranza che adesso padron 'Ntoni prendesse a giornata anche
lui. Mena si era affacciata sul ballatoio, e piangeva un'altra volta dalla
contentezza, e fin la Locca si alzò e andò con la folla anche lei, dietro i
Malavoglia.
- O comare Mena, questa dev'essere una bella
giornata per voi altri: - le diceva Alfio Mosca dalla sua finestra dirimpetto -
dev'essere come quando potrò comprare il mio mulo.
- E l'asino lo venderete?
- Come volete che faccia? Io non sono ricco
come Vanni Pizzuto; se no, in coscienza, non lo venderei.
- Povera bestia!
- Se avessi a dar da mangiare a un'altra
bocca prenderei moglie, e non starei solo come un cane! - disse Alfio ridendo.
Mena non sapeva che dire, ed Alfio aggiunse
poi:
- Ora che ci avete in mare la Provvidenza,
vi mariteranno con brasi Cipolla.
- Il nonno non mi ha detto nulla.
- Ve lo dirà dopo. Ancora c'è tempo. Da
ora a quando vi mariterete chissà quante cose succederanno, e per quali strade
andrò col mio carro! Mi hanno detto che alla Piana, di là della città, c'è
da lavorare per tutti alla ferrovia.
- Ora la Santuzza s'è intesa con massaro
Filippo, pel mosto nuovo, e non avrò più nulla da far qui.
Padron Cipolla invece, malgrado che i
Malavoglia si fossero messi di nuova a cavallo, continuava a scrollare il capo,
e andava sentenzionando che era un cavallo senza gambe; lui lo sapeva dove erano
le magagne, nascoste sotto la pece nuova.
Una Provvidenza rattoppata! -
sogghignava lo speziale - sciroppo d'altea, e mucillagine di gomma arabica, come
la Monarchia costituzionale. Vedrete che gli faranno pagare anche la ricchezza
mobile, a padron 'Ntoni.
- Fin l'acqua che si beve ci fanno pagare.
Ora dice che metteranno il dazio sulla pece. Per questo padron 'Ntoni si è
affrettato a far allestire la sua barca; con tuttoché mastro Turi Zuppiddo
avanza ancora cinquanta lire da lui.
- Chi ha avuto giudizio è stato lo zio
Crocifisso, che ha venduto a Piedipapera il credito dei lupini.
- Ora, se la ruota non gira pei Malavoglia,
la casa del nespolo se la piglia Piedipapera; e la Provvidenza torna da
compare Turi.
Intanto la Provvidenza era scivolata
in mare come un'anitra, col becco in aria, e ci sguazzava dentro, si godeva il
fresco, dondolandosi mollemente nell'acqua verde, che le colpettava attorno ai
fianchi, e il sole le ballava sulla vernice. Padron 'Ntoni, se la godeva anche
lui, colle mani dietro la schiena e le gambe aperte, aggrottando un po' le
ciglia, come fanno i marinai quando vogliono vederci bene anche al sole, che era
un bel sole d'inverno, e i campi erano verdi, il mare lucente, e il cielo
turchino che non finiva mai. Così tornano il bel sole e le dolci mattine
d'inverno anche per gli occhi che hanno pianto, e li hanno visti del color della
pece; e ogni cosa si rinnova come la Provvidenza, che era bastata un po'
di pece e di colore, e quattro pezzi di legno, per farla tornare nuova come
prima, e chi non vede più nulla sono gli occhi che non piangono più, e sono
chiusi dalla morte.
«Compare Bastianazzo non poté vederla
questa festa!» pensava fra di sé comare Maruzza andando innanzi e indietro
davanti all'orditoio a disporre la trama, che quei regoli e quelle traverse
glieli aveva fatti tutti suo marito colle sue mani, la domenica o quando
pioveva, e li aveva piantati lui stesso nel muro. Ogni cosa in quella casa
parlava ancora di lui, e c'era ancora il suo paracqua d'incerata in un cantuccio
e le sue scarpe quasi nuove sotto il letto. Mena, mentre imbozzimava l'ordito,
aveva il cuore nero anch'essa, pensando a compare Alfio, il quale se ne andava
alla Bicocca, e avrebbe venduto il suo asino, povera bestia! ché i giovani
hanno la memoria corta, e hanno gli occhi per guardare soltanto a levante; e a
ponente non ci guardano che i vecchi, quelli che hanno visto tramontare il sole
tante volte.
- Ora che hanno rimesso in mare la Provvidenza,
- disse infine Maruzza - vedendo la figliuola pensierosa, tuo nonno ha ripreso
ad andare con padron Cipolla; li ho visti insieme anche stamattina dal
ballatoio, davanti alla tettoia di Peppi Naso.
- Padron Fortunato è ricco e non ha nulla
da fare, e se ne sta in piazza tutto il giorno - rispose Mena.
- Sì, e suo figlio Brasi ne ha della grazia
di Dio. Ora che abbiamo la nostra barca, e i nostri uomini non dovranno andare a
giornata, ci trarremo fuori, dalla stoppa anche noi; e se le anime del
Purgatorio ci aiutano a levarci i debiti dei lupini, si potrà cominciare a
pensare alle altre cose. Tuo nonno non ci dorme, sta tranquilla, e quanto a
questo non ve lo farà sentire che avete perso il padre, ché è come un altro
padre, lui.
Poco dopo arrivò padron 'Ntoni carico di
reti, che pareva una montagna, e non gli si vedeva la faccia. - Son venuto a
riprenderle dalla paranza, disse - e bisogna riveder le maglie giacché domani
armeremo la Provvidenza.
- Perché non vi siete fatto aiutare da 'Ntoni?
- gli rispose Maruzza tirando per un capo, mentre il vecchio girava in mezzo al
cortile come un arcolaio, per dipanare le reti che non finivano più, e pareva
un serpente colla coda. - L'ho lasciato di là, da mastro Pizzuto. Povero
ragazzo, ha da lavorare tutta la settimana! E' fa caldo anche in gennaio con
quel po' di roba sulle spalle.
Alessi rideva del nonno, vedendolo così
rosso e curvo come un amo, e il nonno gli disse: - Guarda che qui fuori c'è
quella povera Locca; suo figlio è in piazza senza far nulla, e non hanno da
mangiare. - Maruzza mandò Alessi dalla Locca, con quattro fave, e il vecchio,
asciugandosi il sudore colla manica della camicia, soggiunse: - Ora che ci
abbiamo la nostra barca, se arriviamo all'estate, coll'aiuto di Dio, lo
pagheremo il debito. - Ei non sapeva dir altro, e guardava le sue reti, seduto
sotto il nespolo, come se le vedesse piene.
- Adesso bisogna far la provvista del sale,
prima che ci mettano il dazio, se è vero, - andava dicendo colle mani sotto le
ascelle. Compare Zuppiddo lo pagheremo coi primi denari, ed egli mi ha promesso
che allora ci darà a credenza la provvista dei barilotti.
- Nel canterano ci sono cinque onze della
tela di Mena - aggiunse Maruzza.
- Bravo! con lo zio Crocifisso non voglio
farci più debiti, perché non me lo dice il cuore dopo l'affare dei lupini; ma
trenta lire ce le darebbe per la prima volta che andiamo in mare colla Provvidenza.
- Lasciatelo stare! - esclamò la Longa, i
danari dello zio Crocifisso portano disgrazia! - Anche stanotte ho sentito
cantare la gallina nera!
- Poveretta! - esclamò il vecchio
sorridendo, al vedere la gallina nera che passeggiava pel cortile colla coda in
aria e la cresta sull'orecchio, come se non fosse fatto suo. - Essa fa pure
l'uovo tutti i giorni.
Allora mena prese la parola e si affacciò
sull'uscio - Ce n'è un paniere pieno, di uova, - aggiunse - e lunedì, se
compare Alfio va a Catania, potete mandare a vederle al mercato.
- Sì, anche queste aiutano a levare il
debito! - disse padron 'Ntoni - ma voi altri dovreste mangiarvelo qualche uovo,
quando avete voglia.
- No, non ne abbiamo voglia - rispose
Maruzza, e Mena soggiunse: - Se le mangiamo noi, compare Alfio non avrà più da
venderne al mercato; ora metteremo le uova di anitra sotto la chioccia, e i
pulcini si vendono otto soldi l'uno. - Il nonno la guardò in faccia e le disse:
- Tu sei una vera Malavoglia, la mia
ragazza!
Le galline starnazzavano nel terriccio del
cortile, al sole, e la chioccia, tutta ingrullita, colla sua penna nel naso,
scuteva il becco in un cantuccio; sotto le frasche verdi dell'orto, lungo il
muro, c'era appeso su dei piuoli dell'altro ordito ad imbiancare, coi sassi al
piede. - Tutta questa roba fa danari, - ripeteva padron 'Ntoni - e colla grazia
di Dio, non ci manderanno più via dalla nostra casa. «Casa mia, madre mia».
- Ora i Malavoglia devono pregare Dio e San
Francesco perché la pesca riesca abbondante - diceva intanto Piedipapera.
- Sì, colle annate che corrono! - esclamò
padron Cipolla - ché in mare ci devono aver buttato il colera anche per i
pesci!
Compare Mangiacarrubbe diceva di sì col
capo, e lo zio Cola tornava a parlare del dazio del sale che volevano mettere, e
allora le acciughe potevano starsene tranquille, senza spaventarsi più delle
ruote dei vapori, che nessuno sarebbe più andato a pescarle.
- E ne hanno inventato un'altra! - aggiunse
mastro Turi il calafato - di mettere anche il dazio sulla pece. Quelli a cui non
gliene importava della pece non dissero nulla; ma lo Zuppiddo seguitò a
strillare che egli avrebbe chiuso bottega, e chi aveva bisogno di calafatare la
barca poteva metterci la camicia della moglie per stoppa. Allora si levarono le
grida e le bestemmie. In questo momento si udì il fischio della macchina, e i
carrozzoni della ferrovia sbucarono tutt'a un tratto sul pendio del colle dal
buco che ci avevano fatto, fumando e strepitando come avessero il diavolo in
corpo. - Ecco qua! - conchiuse padron Fortunato - la ferrovia da una parte e i
vapori dall'altra. A Trezza non ci si può più vivere, in fede mia!
Nel villaggio successe una casa del diavolo
quando volevano mettere il dazio sulla pece. La Zuppidda, colla schiuma alla
bocca, salì sul ballatoio, e si mise a predicare ch'era un'altra bricconata di
don Silvestro, il quale voleva rovinare il paese, perché non l'avevano voluto
per marito: non lo volevano nemmeno per compagno alla processione, quel
cristiano, né lei né sua figlia! Comare Venera, quando parlava del marito che
doveva prendere sua figlia, pareva che la sposa fosse lei. Mastro Turi avrebbe
chiuso bottega, diceva, ma voleva vedere poi come avrebbe fatto la gente a
mettere le barche in mare, che si sarebbero mangiati per pane gli uni cogli
altri. Allora le comari si affacciarono sull'uscio colle conocchie in mano a
sbraitare che volevano ammazzarli tutti, quelli delle tasse, e volevano dar
fuoco alle loro cartacce, e alla casa dove le tenevano. Gli uomini, come
tornavano dal mare, lasciavano gli arnesi ad asciugare, e stavano a guardare
dalla finestra la rivoluzione che facevano le mogli.
- Tutto perché è tornato 'Ntoni di padron
'Ntoni, - seguitava comare Venera - ed è sempre là, dietro le gonnelle di mia
figlia. - Ora gli danno noia le corna, a don Silvestro. Infine se non lo
vogliamo, cosa pretende? Mia figlia è roba mia, e possa darla a chi mi pare e
piace. Gli ho detto di no chiaro e tondo a mastro Callà, quand'è venuto a fare
l'ambasciata in persona, l'ha visto anche lo zio Santoro. Don Silvestro gli fa
fare quel che vuole, a quel Giufà del sindaco; ma io me ne infischio del
sindaco e del segretario. Ora cercano di farci chiudere bottega perché non mi
lascio mangiare il fatto mio da questo e da quello! Che razza di cristiani, eh?
perché non l'aumentano sul vino il loro dazio? o sulla carne, che nessuno ne
mangia? ma questo non piace a massaro Filippo, per amore della Santuzza, che
sono in peccato mortale tutto e due, e lei porta l'abitino di Figlia di Maria
per nascondere le sue porcherie, e quel becco dello zio Santoro non vede nulla.
Ognuno tira l'acqua al suo mulino, come compare Naso, che è più grasso dei
suoi maiali! Belle teste che abbiamo! Ora vogliamo fargli la festa a tutte
coteste teste di pesce della malannata.
Mastro Turi Zuppiddo si dimenava sul
ballatoio colla malabestia e il patarasso in pugno, che voleva far sangue, e non
l'avrebbero trattenuto nemmen colle catene. La bile andava gonfiandosi da un
uscio all'altro come le onde del mare in burrasca. Don Franco si fregava le
mani, col cappellaccio in capo, e diceva che il popolo levava la testa; e come
vedeva passare don Michele, colla pistola appesa sulla pancia, gli rideva sul
naso. Anche gli uomini, a poco a poco, s'erano lasciati riscaldare dalle loro
donne, e si cercavano l'un l'altro per mettersi in collera; e perdevano la
giornata a stare in piazza colle mani sotto le ascelle, e la bocca aperta, ad
ascoltare il farmacista il quale predicava sottovoce, perché non udisse sua
moglie che era di sopra, di fare la rivoluzione, se non erano minchioni, e non
badare al dazio del sale o al dazio della pece, ma casa nuova bisognava fare, e
il popolo aveva ad essere re. Invece certuni torcevano il muso e gli voltavano
le spalle, dicendo: - Il re vuol essere lui. Lo speziale è di quelli della
rivoluzione, lui, per affamare la povera gente! - E se ne andavano piuttosto
all'osteria della Santuzza, dove c'era buon vino che scaldava la testa e compare
Cinghialenta e Rocco Spatu facevano per dieci. Ora che si ricominciava la
canzone delle tasse si sarebbe parlato nuovamente di quella del pelo,
come la chiamavano la tassa sulle bestie da soma, e di aumentare il dazio sul
vino. - Santo diavolone! stavolta andava a finir male, per la madonna!
Il vino buono faceva vociare, e il vociare
metteva sete, intanto che non avevano aumentato il dazio sul vino; e quelli che
avevano bevuto levavano i pugni in aria, colle maniche della camicia rimboccate,
e se la prendevano persin colle mosche che volavano.
- Questa è come una festa per Santuzza! -
dicevano. Il figlio della Locca, il quale non aveva denari per bere, gridava lì
fuori dell'uscio che voleva farsi ammazzare piuttosto, ora che lo zio Crocifisso
non lo voleva più nemmeno a mezza paga, per quel suo fratello Menico che s'era
annegato coi lupini. Vanni Pizzuto aveva anche chiuso la bottega, perché
nessuno andava più a farsi radere, e portava il rasoio in tasca, e vomitava
improperi da lontano, e sputava addosso a coloro che se ne andavano pei fatti
loro, coi remi in collo, stingendosi nelle spalle.
- Quelli sono carogne, che non gli importa
un corno della patria! - sbraitava don Franco, tirando il fumo della pipa come
se volessero mangiarsela. - Gente che non muoverebbe un dito pel suo paese.
- Tu lasciali dire! - diceva padron 'Ntoni a
suo nipote, il quale voleva rompere il remo sulla testa a chi gli dava della
carogna - colle loro chiacchiere non ci danno pane, né ci levano un soldo di
debito dalle spalle.
Lo zio Crocifisso, il quale era una di
quelli che badano ai fatti propri, e quando gli cavavano sangue colle tasse si
masticava la sua bile dentro di sé, per paura di peggio, adesso non si faceva
vedere più in piazza, addossato al muro del campanile, ma stava rintanato in
casa al buio, a recitare paternostri e avemarie per digerire la collera contro
quelli che strillavano, ed era gente che voleva mettere a sacco e a fuoco il
paese, e andare a svaligiare chi ci aveva quattro soldi in casa. - Lui ha
ragione, - dicevano in paese - perché dei soldi deve averne a palate. - Ora ci
ha pure le cinquecento lire dei lupini che gli ha dato Piedipapera!
Ma la Vespa, la quale aveva tutta la sua
roba al sole, e non temeva che gliela rubassero, andava gridando per lui, colle
mani in aria, nera come un tizzone, e coi capelli al vento, che suo zio se lo
mangiavano vivo ogni sei mesi, colla fondiaria, e voleva cavargli gli occhi
colle sue mani all'esattore, se tornava da suo zio. - Adesso ella ronzava
continuamente da comare Grazia, dalla cugina Anna e dalla Mangiacarrubbe, ora
con un pretesto ed ora con un altro, per vedere come se la intendessero compare
Alfio colla Sant'Agata, ed avrebbe voluto annichilire la Sant'Agata con tutti i
Malavoglia; perciò andava dicendo che non era vero che Piedipapera non le aveva
mai possedute cinquecento lire, e i Malavoglia avevano sempre sul collo i piedi
di suo zio Crocifisso, il quale poteva schiacciarli come formiche, tanto era
ricco, ed ella aveva avuto torto a dirgli di no, pei begli occhi di uno il quale
non ci aveva che un carro da asino, mentre lo zio Crocifisso le voleva bene come
alla pupilla degli occhi suoi, sebbene in quel momento non volesse aprirle
l'uscio, per timore che gli entrassero a fare sacco e fuoco.
Chi ci aveva da perdere qualcosa, come
padron Cipolla o massaro Filippo l'ortolano, stava tappato in casa, con tanto di
catenaccio, e non metteva fuori nemmeno il naso; per questo Brasi Cipolla si era
buscato un potente ceffone da suo padre, quando l'aveva trovato sulla porta del
cortile a guardare in piazza come un baccalà. I pesci grossi stavano sott'acqua
durante la maretta, e non si facevano vedere, anche quelli che erano teste di
pesce, e lasciavano il sindaco col naso in aria a cercar la foglia.
- Non lo vedete che si servono di voi come
di un burattino? - gli diceva sua figlia Betta coi pugni sui fianchi. - Ora che
vi hanno messo nell'impiccio, vi voltano le spalle, e vi lasciano solo a
sgambettare nel pantano; ecco quel che vuol dire farsi menare pel naso da
quell'imbroglione di don Silvestro.
- Io non mi lascio menar per il naso da
nessuno! - saltava su Baco da seta. - Il sindaco lo faccio io, e non don
Silvestro.
Don Silvestro diceva invece che il sindaco
lo faceva sua figlia Betta, e mastro Croce Callà portava i calzoni per isbaglio.
Così, fra tutt'e due, il povero Baco da seta stava fra l'incudine e il
martello. Adesso poi che era venuta la burrasca, e tutti lo lasciavano a
strigliare quella mala bestia della folla, non sapeva più da che parte
voltarsi.
- A voi che cosa ve ne importa? - gli
gridava Betta. - Fate anche voi come fanno gli altri; e se non vogliono il da~io
della pece, don Silvestro ci penserà lui a trovare qualche altra cosa.
Don Silvestro, invece, era più fermo;
continuava ad andare attorno, con quella faccia tosta; e Rocco Spatu e
Cinghialenta, come lo vedevano, rientravano in fretta nell'osteria per non fare
uno sproposito, e Vanni Pizzuto bestemmiava forte toccando il rasoio dentro la
tasca dei calzoni.
Don Silvestro, senza badarci, andava a fare
quattro chiacchiere collo zio Santoro, e gli metteva due centesimi nella mano!
- Sia lodato Dio! - esclamava il cieco -
questo è don Silvestro il segretario, ché nessun'altri di tutti quelli che
vengono qui a gridare e a pestare i pugni sulle panche fa un centesimo di
limosina per le anime del Purgatorio, e vengono a dire che vogliono ammazzarli
tutti, il sindaco e il segretario; l'hanno detto Vanni Pizzuto, Rocco Spatu, e
compare Cinghialenta. Vanni Pizzuto s'è messo a andare senza scarpe, per non
essere conosciuto; ma io lo riconosco egualmente, che striscia sempre i piedi
per terra, e fa levar la polvere come quando passano le pecore.
- A voi che ve ne importa? - gli diceva sua
figlia, appena don Silvestro se ne andava. - Questi non sono affari nostri.
L'osteria è come un porto di mare, chi va e chi viene, e bisogna essere amici
con tutti, e fedeli con nessuno; per questo l'anima l'abbiamo ciascuno la sua, e
ognuno deve badare ai suoi interessi, e non far giudizi temerari contro il
prossimo. Compare Cinghialenta e Spatu spendono del denaro in casa nostra. Non
dico di Pizzuto che vende l'erbabianca e cerca di levarci gli avventori.
Don Silvestro poi andava a fermarsi dallo
speziale, il quale gli piantava la barba in faccia, e gli diceva che era tempo
di finirla, e buttar tutto a gambe in aria, e far casanuova.
- Volete scommettere che questa volta va a
finir male? - ribatteva don Silvestro, mettendo due dita nel taschino del
farsetto per cavar fuori il dodici tarì nuovo. - Non c'è tasse che bastano, e
un giorno o l'altro bisognerà finirla davvero. S'ha a mutar registro con Baco
da seta che si lascia metter la gonnella dalla figlia, e il sindaco lo fa lei -;
a Massaro Filippo poi non gliene importa un cavolo, e padron Cipolla aveva la
superbia di non voler fare il sindaco neanche se l'accoppavano. - Tutti una
manica di borbonici della consorteria; dei minchioni che oggi dicono bianco e
domani nero, e l'ultimo che parla ha ragione lui. La gente fa bene a strillare
con questo governo che ci succhia il sangue peggio di una mignatta; ma i denari
devono venir fuori per amore o per forza. Qui ci vorrebbe un sindaco di testa e
liberale come voi.
Lo speziale allora cominciava a dire quel
che avrebbe fatto lui, e come aggiustava ogni cosa; e don Silvestro stava ad
ascoltarlo zitto ed intento che pareva fosse alla predica. Bisognava pensare
anche a rinnovare il Consiglio; padron 'Ntoni non ce lo volevano, perché egli
aveva la testa stramba, ed era stato causa della morte di suo figlio Bastianazzo,
- un uomo di giudizio colui, se fosse stato vivo! - poi in quell'affare dei
lupini aveva fatto mettere la mano nel debito a sua nuora, e l'aveva lasciata in
camicia. Se gli interessi del Comune li faceva a quel modo!...
Ma intanto se la Signora si affacciava alla
finestra, don Franco cambiava discorso, e gridava: - Bel tempo, eh? - ammiccando
di nascosto a don Silvestro, per fargli capire quel che ci aveva nello stomaco
da dire. «Andate a fidarvi di quel che vuol fare uno che ha paura della moglie!»
pensava fra di sé don Silvestro. Padron 'Ntoni era di quelli che si stringevano
nelle spalle e se ne andavano coi remi in collo; e al nipote, il quale avrebbe
voluto correre in piazza anche lui, a vedere quel che si faceva, gli andava
ripetendo:
- Tu bada ai fatti tuoi, che tutti costoro
gridano ognuno pel suo interesse, e l'affare più grosso per noi è quello del
debito.
Anche compare Mosca era di quelli che
badavano ai fatti propri, e se ne andava tranquillamente, insieme al suo carro,
in mezzo alla gente che gridava coi pugni in aria. - A voi non ve ne importa se
mettono la tassa del pelo? - gli domandava Mena, come lo vedeva arrivare coll'asino
tutto ansante e colle orecchie basse. - Sì che me ne importa, ma bisogna
camminare per pagarla, la tassa; se no si pigliano il pelo con tutto l'asino, e
il carro pure.
- Dice che vogliono ammazzarli tutti,
Gesummaria! Il nonno ha raccomandato di tener la porta chiusa, e non aprire se
non tornan loro. Voi andrete ancora via domani?
- Io andrò a prendere un carico di calce
per mastro Croce Callà!
- O cosa ci andate a fare? non lo sapete che
è il sindaco, e vi ammazzeranno anche voi?
- Egli dice che non gliene importa a lui;
che fa il muratore, e deve allestire quel muro della vigna per conto di massaro
Filippo, e se non vogliono il dazio della pece, don Silvestro ci penserà lui a
qualche altra cosa.
- Ve l'avevo detto io ch'è tutta roba di
don Silvestro! - esclamava la Zuppidda, la quale era sempre lì, a soffiare nel
fuoco, colla conocchia in mano. - E' roba di ladri e di gente che non ha nulla
da perdere, e non paga nulla col dazio della pece, perché non ha mai avuto
nemmeno un pezzo di tavola in mare. - La colpa è di don Silvestro - seguitava
poscia a sbraitare di qua e di là, per tutto il paese - e di quell'imbroglione
di Piedipapera, il quale non ha barche, e vive alle spalle del prossimo, e tiene
il sacco a questo e a quello. - Volete saperne una? Non è vero niente che ha
comprato il credito dello zio Crocifisso! E' tutta una finzione fra lui e
Campana di legno, per spogliare quei poveretti. Piedipapera non li ha mai visti
cogli occhi cinquecento lire!
Don Silvestro, per sentire quello che
dicevasi di lui, andava spesso a comprare qualche sigaro all'osteria, e allora
Rocco Spatu, e Vanni Pizzuto, uscivano fuori bestemmiando; o si fermava a
chiacchierare collo zio Santoro, tornando dalla vigna, e così venne a sapere
tutta la storia della finta compera di Piedipapera; ma lui era «cristiano» con
uno stomaco fondo come un pozzo, e metteva tutto là dentro. Egli sapeva il
fatto suo, e come Betta l'accoglieva colla bocca spalancata peggio di un cane
arrabbiato, e mastro Croce Callà s'era lasciato scappare il detto che a lui non
gliene importava rispose: - Volete scommettere che ora vi pianto? - e non si
fece più vedere in casa del sindaco; così ci avrebbero pensato loro a cavarsi
d'impiccio, e la Betta non avrebbe potuto più dirgli sul mostaccio che voleva
rovinare suo padre Callà, e i suoi consigli erano quelli di Giuda, che aveva
venduto Cristo per trenta denari, e così egli voleva riescire a buttar giù il
sindaco pei suoi fini, e fare il gallo in paese. Sicché la domenica in cui
doveva radunarsi il Consiglio, don Silvestro, dopo la santa messa, andò a
ficcarsi nello stanzone del municipio, dove c'era prima il posto della Guardia
Nazionale, e si mise tranquillamente a temperare le penne, davanti alla tavola
d'abete, per ingannare il tempo, mentre la Zuppidda e le altre comari
vociferavano nella strada, filando al sole, e volevano strappare gli occhi a
tutti loro.
Baco da seta, come corsero a chiamarlo dal
muro della vigna di massaro Filippo, s'infilò il giubbone nuovo, si lavò le
mani, si spolverò dalla calce, ma non volle muoversi se prima non gli
chiamavano don Silvestro. Betta aveva un bel sgridarlo, e spingerlo per le
spalle fuori del l'uscio, dicendogli che chi l'aveva preparata la minestra
l'avrebbe mangiata, e lui doveva lasciare fare agli altri purché lo lasciassero
star sindaco. Stavolta mastro Callà aveva visto quella folla davanti al
municipio, colle conocchie in mano, e puntava i piedi in terra, restìo peggio
di un mulo. - Non ci vado se non viene don Silvestro! - ripeteva con gli occhi
fuori della testa; - don Silvestro lo sa trovare un ripiego.
- Il ripiego ve lo trovo io - rispondeva
Betta. - Non lo vogliono il dazio sulla pece? E voi lasciatelo stare.
- Brava! e i denari di dove si prendono?
- Di dove si prendono? Fateli pagare a chi
ne ha, allo zio Crocifisso, a mo' d'esempio, o a padron Cipolla, o a Peppi Naso.
- Brava! se sono loro i consiglieri!
- Allora mandateli via e chiamatene degli
altri; già non saranno loro che vi faranno restare sindaco quando tutti gli
altri non vi vorranno più. Voi dovete far contenti quelli che sono in maggior
numero. - Ecco come discorrono le donne! Quasi fossero quelli che mi tengono su!
Tu non sai nulla. Il sindaco lo fanno i consiglieri, e i consiglieri non possono
essere che quelli e non altri. Chi vuoi che facciano? i pezzenti di mezzo alla
strada?
- Allora lasciate stare i consiglieri e
mandate via il segretario, quell'imbroglione di don Silvestro.
- Brava, e chi lo fa il segretario? chi lo
sa fare? Tu o io, o padron Cipolla? sebbene sputi sentenze peggio di un
filosofo!
Allora la Betta non seppe più che dire, e
si sfogò a scaricare ogni sorta d'improperi alle spalle di don Silvestro,
ch'era il padrone del paese, e se li teneva tutti in tasca.
- Brava - soggiunse Baco da seta. - Ecco, se
non c'è lui io non so cosa dire. Vorrei vederci te nei miei panni!
Finalmente arrivò don Silvestro, colla
faccia più dura del muro, le mani dietro la schiena, e zufolando un'arietta. -
Eh, non vi perdete d'animo, mastro Croce, che non casca il mondo per questa
volta! - Mastro Croce da don Silvestro si lasciò menar via e metter alla tavola
d'abete del Consiglio, col calamaio davanti; ma dei consiglieri non c'erano
altri che Peppi Naso, il macellaio, tutto unto e colla faccia rossa, che non
aveva paura di nessuno al mondo, e compare Tino Piedipapera. - Quello lì non ha
nulla da perdere! - vociava dall'uscio la Zuppidda - e ci viene per succhiare il
sangue alla povera gente, peggio di una sanguisuga, perché vive alle spalle del
prossimo, e tiene il sacco a questo e a quello per fare le birbonate! Razza di
ladri e di assassini!
Piedipapera, sebbene volesse far
l'indifferente, pel decoro della carica, finì col perdere la pazienza, e si
rizzo sulla gamba storta, gridando a mastro Cirino, l'inserviente comunale, il
quale era incaricato del buon ordine, e per questo ci aveva il berretto col
rosso quando non faceva il sagrestano: - Fatemi tacere quella linguaccia là.
- Eh, a voi vi piacerebbe che nessuno
parlasse, eh! compare Tino?
- Come se tutti non lo sapessero il mestiere
che fate, che poi chiudete gli occhi quando 'Ntoni di padron 'Ntoni viene a
parlare con vostra figlia Barbara.
- Gli occhi li chiudete voi, becco che
siete! quando vostra moglie fa il comodino alla Vespa, la quale viene tutti i
giorni a mettersi sulla vostra porta per cercare Alfio Mosca, e voi altri tenete
il candeliere. Bel mestiere! Ma compare Alfio non vuol saperne, ve lo dico io;
ci ha pel capo Mena di padron 'Ntoni, e voi altri ci perdete l'olio della
lucerna, se la Vespa ve l'ha promesso.
- Ora vengo a romperti le corna! - minacciò
Piedipapera, e cominciò ad arrancare dietro la tavola d'abete.
- Oggi va a finir male! - borbottava mastro
Croce Giufà.
- Ohè! ohè! che maniere son queste, vi par
d'essere in piazza! - urlava don Silvestro. - Volete scommettere che vi caccio
fuori tutti a calci? Ora l'aggiusto io questa faccenda.
La Zuppidda non voleva sentirne affatto
d'aggiustarla, e si batteva contro don Silvestro il quale la spingeva fuori
tirandola pei capelli, e poi se la menò in disparte dietro il rastrello della
chiusa.
- Infine che volete? - le disse come furono
soli - a voi che ve ne importa se mettono il dazio sulla pece? forse che lo
pagate voi o vostro marito? o non debbono pagarlo piuttosto quelli che hanno
bisogno di far accomodare le loro barche? Sentite a me: vostro marito è una
bestia ad essere in collera col municipio, e a far tutto questo chiasso. Ora si
devono fare gli assessori nuovi, in cambio di padron Cipolla e di massaro
Mariano, che non valgono niente, e si potrebbe metterci vostro marito.
- Io non ne so nulla - rispose la Zuppidda,
calmatasi tutt'a un tratto. - Io non me ne immischio negli affari di mio marito.
So che si mangia le mani dalla collera. Io non posso far altro che andare a
dirglielo, se la cosa è certa.
- Andate a dirglielo, è certo come è certo
Dio, vi dico! Siamo galantuomini o no? santissimo diavolo!
La Zuppidda partì correndo a prendere suo
marito, il quale stava rincantucciato nel cortile a cardar stoppa, pallido come
un morto, e non voleva escire per tutto l'oro del mondo, gridando che gli
facevano fare qualche sproposito, santo Dio!
Per aprire il sinedrio, e vedere che pesci
si pigliavano, ci mancava ancora padron Fortunato Cipolla, e massaro Filippo
l'ortolano, i quali non spuntavano mai, sicché la gente incominciava ad
annoiarsi, tanto che le comari s'erano messe a filare lungo il muricciuolo della
chiesa.
Infine mandarono a dire che non venivano
perché avevano da fare; e il dazio, se volevano, avrebbero potuto metterlo
senza di loro. - Il discorso di mia figlia Betta tale e quale! - brontolava
mastro Croce Giufà.
- Allora fatevi aiutare da vostra figlia
Betta! - esclamò don Silvestro. Baco da seta non fiatò più e continuò a
masticarsi fra i denti il suo brontolìo. - Ora - disse don Silvestro - vedrete
che i Zuppiddi verranno loro stessi a dire che mi danno la Barbara, ma voglio
farmi pregare, io.
La seduta fu sciolta senza concludere nulla.
Il segretario voleva un po' di tempo per prendere lume; in questo mentre era
suonato mezzogiorno e le comari se n'erano andate leste leste. Le poche che
erano rimaste, come videro mastro Cirino chiudere la porta e mettersi la chiave
in tasca, se ne andarono anch'esse pei fatti loro di qua e di là,
chiacchierando degli improperii che s'erano detti Piedipapera e la Zuppidda.
La sera 'Ntoni di padron 'Ntoni seppe quelle
chiacchiere, e sacramento! voleva fargli vedere che era stato soldato, a
Piedipapera! Lo incontrò giusto che veniva dalla sciara vicino alla casa
dei Zuppiddi, con quel suo piede del diavolo, e cominciò a dirgli il fatto suo,
che era una carogna, e si guardasse bene dal dir male dei Zuppiddi e di quel che
facevano, che lui non ci aveva nulla a vedere. Piedipapera non aveva la lingua
in tasca. - O che ti pare che sei venuto da lontano a fare lo spaccamontagne,
qui?
- Son venuto a rompervi le corna, se
aggiungete altro. - Alle grida la gente si era affacciata sugli usci, e si era
radunata una gran folla; sicché si azzuffarono perbene, e Piedipapera, il quale
ne sapeva più del diavolo, si lasciò cadere a terra tutto in un fascio con 'Ntoni
Malavoglia, che così non valevano a nulla le gambe buone, e si avvoltolarono
nel fango, picchiandosi e mordendosi come i cani di Peppi Naso, tanto che 'Ntoni
di padron 'Ntoni dovette ficcarsi nel cortile dei Zuppiddi, perché aveva la
camicia tutta stracciata, e Piedipapera lo condussero a casa insanguinato come
Lazzaro.
- Sta a vedere! - strepitava ancora comare
Venera, dopo che ebbero chiusa la porta sul naso ai vicini - sta a vedere che in
casa mia non sono padrona di fare quello che mi pare e piace. Mia figlia la do a
chi vogl'io.
La ragazza, tutta rossa, s'era rifugiata in
casa, col cuore che gli batteva come un pulcino.
- Ti ha mezzo strappata quest'orecchia! -
diceva compare Turi versando adagio adagio dell'acqua sulla testa di 'Ntoni. -
Morde peggio di un cane corso, compare Tino!
'Ntoni aveva ancora il sangue agli occhi, e
voleva fare un precipizio.
- Sentite, comare Venera, - disse allora
davanti a tutto il mondo - per me se non mi piglio vostra figlia non mi marito
più. - E la ragazza sentiva dalla camera. - Questi non son discorsi da farsi
ora, compare 'Ntoni; ma se vostro nonno dice di sì, io per me non vi cambio per
Vittorio Emanuele. - Compare Zuppiddo intanto stava zitto e gli dava un pezzo di
salvietta per asciugarsi; dimodoché 'Ntoni quella sera se ne andò a casa tutto
contento.
Ma i poveri Malavoglia, come avevano saputo
della sua rissa con Piedipapera, si aspettavano di momento in momento l'usciere
che venisse a scacciarli dalla casa, giacché Pasqua era lì vicina, e dei
denari del debito, a gran stento, ne avevano raccolto appena una metà.
- Vedi quel che vuol dire bazzicare dove ci
son ragazze da marito! - diceva a 'Ntoni la Longa. - Ora tutta la gente parla
dei fatti vostri. E mi dispiace per la Barbara.
- Ed io me la piglio! - disse allora 'Ntoni.
- Te la pigli? - esclamò il nonno. - Ed io
chi sono? e tua madre non conta per nulla? Quando tuo padre prese moglie, ed è
quella che vedi là, me lo fece dire a me prima. - Allora viveva tua nonna, e
venne a parlarmene nell'orto, sotto il fico. Ora non si usano più queste cose,
e i vecchi non servono a nulla. Un tempo si soleva dire «ascolta i vecchi e non
la sbagli». Prima deve maritarsi tua sorella Mena; lo sai questo?
- Maledetta la mia sorte! - cominciò a
gridare 'Ntoni strappandosi i capelli e pestando i piedi.- Tutto il giorno a
lavorare! all'osteria non ci vado! e in tasca non ho mai un soldo! Ora che mi
son trovata la ragazza che mi ci vuole, non posso prenderla. Perché son tornato
dunque da soldato?
- Senti! - gli disse il nonno rizzandosi su
a stento pei dolori che gli mangiavano la schiena. - Va a dormire che è meglio.
Questi discorsi non dovresti farceli mai, davanti a tua madre!
- Mio fratello Luca sta meglio di me a fare
il soldato! - brontolò 'Ntoni nell'andarsene.