CAPITOLO XIV
Quando
'Ntoni Malavoglia incontrò don Michele per dargli il resto fu un brutto affare,
di notte, mentre diluviava, ed era scuro che non ci avrebbe visto neppure un
gatto, all'angolo della sciara verso il Rotolo, dove bordeggiavano quatte quatte
le barche che facevano finta di pescare merluzzi a mezzanotte, e dove 'Ntoni
andava a ronzare, con Rocco Spatu, e Cinghialenta, ed altri malarnesi, con la
pipa in bocca, che le guardie le conoscevano ad una ad una quelle punte di fuoco
delle pipe, mentre stavano appiattate fra gli scogli con le carabine in mano.
- Comare Mena, - aveva detto don Michele
un'altra volta, passando dalla strada del Nero - ditegli a vostro fratello di
non andarci di notte al Rotolo, con Rocco Spatu e Cinghialenta.
Ma 'Ntoni aveva fatto il sordo perché «ventre
affamato non sente ragione»; e don Michele non gli faceva più paura, dopo che
si erano rotolati a pugni e a cazzotti sotto le panche all'osteria; inoltre gli
aveva promesso di dargli il resto quando l'incontrava, e non voleva passare per
canaglia e per spaccone agli occhi della Santuzza e di tutti quelli che erano
stati presenti alla minaccia. - Gli ho detto che gli darò il rimanente dove
l'incontrerò; e se l'incontro al Rotolo glielo dò al Rotolo! - ripeteva coi
suoi amici, e ci avevano tirato anche il figlio della Locca. Avevano passato la
sera all'osteria, a bere e schiamazzare, che la bettola è come un porto di
mare, e la Santuzza non avrebbe potuto mandarlo via, ora che ci aveva dei soldi
in tasca e li faceva ballare nella mano. Don Michele era passato a far la ronda,
ma Rocco Spatu, che sapeva la legge, diceva sputacchiando: - Finché c'è il
lume sulla porta abbiamo il diritto di star qua! - e si appoggiava al muro per
star meglio. 'Ntoni Malavoglia se la godeva anche a far sbadigliare la Santuzza,
la quale dormicchiava dietro i bicchieri, colla testa posata su quei cuscini che
portavano la medaglia di Figlia di Maria. - E ci sta sul morbido meglio che su
un fascio d'erba fresca! - diceva 'Ntoni, il quale aveva il vino chiacchierone;
mentre Rocco, pieno come una botte, non fiatava più, colle spalle al muro.
Lo zio Santoro intanto, a tastoni, aveva
ritirato il lume e chiudeva la porta. - Ora andatevene che ho sonno - disse la
Santuzza.
- Io non ho mica sonno io! Massaro Filippo a
me mi lascia dormire la notte.
- A me non me ne importa se vi lascia
dormire; ma non voglio che mi prendano la multa per amor vostro, se mi trovano
l'uscio aperto a quest'ora.
- Chi ve la piglia la multa? quello sbirro
di don Michele? Fatelo venire qui che gliela dò io la multa! ditegli che c'è
qui 'Ntoni Malavoglia, sangue della Madonna!
La Santuzza intanto lo aveva preso per le
spalle e lo spingeva fuori dell'uscio. - Andate a dirglielo voi stesso; e andatea cercarvi i guai fuori di qui. Io non ne voglio chiacchierare colla polizia pei
vostri begli occhi.
'Ntoni, vistosi cacciare in guel modo sulla
strada, nel fango, e coll'acqua che veniva giù come Dio la mandava, tirò fuori
tanto di coltello, e giurava e sacramentava che voleva pungerli tutti quanti,
lei e don Michele! Cinghialenta era il solo che stesse in sensi per tutti, e lo
tirava pel giubbone, e gli diceva: - Lascia stare per stasera! Non lo sai quello
che abbiamo da fare?
Al figlio della Locca allora gli venne una
gran voglia di mettersi a piangere, al buio.
- E' ubbriaco - osservò Rocco Spatu, messo
sotto la gronda. - Portatelo qui che gli farà bene.
'Ntoni, un po' calmato dall'acqua che gli
pioveva dalla gronda, si lasciò condurre da compare Cinghialenta, seguitando a
sbuffare, mentre sguazzava nelle pozzanghere, e sacramentava che se incontrava
don Michele voleva dargli quello che gli aveva promesso. Tutt'a un tratto si
trovò davvero naso a naso con don Michele, il quale ronzava lì intorno anche
lui, colla pistola sulla pancia e i calzoni dentro gli stivali. Allora 'Ntorni
si calmò di botto, e tutti e tre si allontanarono quatti quatti, verso la
bottega di Pizzuto. Arrivati dietro l'uscio, adesso che don Michele era ben
lontano, 'Ntoni volle a forza che si fermassero per udire quello che diceva.
- Lo vedete dove andava don Michele? e la
Santuzza che diceva d'aver sonno! Adesso come faranno se c'è tuttora massaro
Filippo nella stalla?
- E tu lascia stare don Michele, - gli disse
Cinghialenta - così ci lascerà andare pei fatti nostri.
- Voi altri siete tante carogne! - disse 'Ntoni
- che avete paura di don Michele.
- Stasera sei ubbriaco! ma ti farei vedere
se ho paura di don Michele! Ora che ho venduto il mulo non voglio che nessuno
venga a vedere come mi guadagno il pane, sangue di un cane!
Là si misero a cianciare a voce bassa a
ridosso del muro, intanto che lo scroscio della pioggia copriva i loro discorsi.
Ad un tratto suonarono le ore, e tacquero tutti e quattro per stare ad
ascoltare.
- Entriamo da compare Pizzuto - disse
Cinghialenta. - Egli è padrone di tenere la porta aperta sino che vuole, e
senza lume fuori.
- E' scuro che non ci si vede! - disse il
figlio della Locca.
- Bisogna bere qualche cosa, col tempo che
fa - rispose Rocco Spatu. - Se no ci romperemo il naso nella sciara.
Cinghialenta si mise a brontolare: - Come se
andassimo a giuocare! Ora vi farò dare dell'acqua col limone da mastro Vanni.
- Io non ho bisogno dell'acqua col limone! -
saltò su 'Ntoni - e vedrete se il fatto mio lo saprò fare meglio di voi altri!
Compare Pizzuto non voleva aprire a
quell'ora, e rispondeva che era in letto; ma siccome continuavano a picchiare, e
minacciavano di svegliare tutto il paese e di far correre la guardia a mettere
il naso nei fatti loro, si fece dare la voce e venne ad aprire in mutande.
- Che siete pazzi a picchiare in questo
modo? - esclamava. - Or ora ho visto passare don Michele.
- Sì, l'abbiamo visto anche noi; adesso sta
recitando il rosario colla Santuzza.
- Che lo sai donde viene don Michele? - gli
domandò Pizzuto guardandolo negli occhi. 'Ntoni fece una spallata; e Vanni,
mentre si faceva da parte per lasciarli entrare, ammiccò a Rocco e a
Cinghialenta:
- E' stato dalle Malavoglia - soffiò loro
nell'orecchio. - L'ho visto escire io!
- Buon prò, rispose Cinghialenta; mabisognerebbe dire a 'Ntoni che raccomandi a sua sorella di trattenere don
Michele tutta la notte, quando abbiamo da fare...
- Che cosa volete da me? - chiese 'Ntoni
colla lingua grossa.
- Niente, non è affare per questa sera.
- Se non è affare per questa sera perché
mi avete fatto lasciar l'osteria, che son tutto fradicio dalla pioggia? - disse
Rocco Spatu.
- E' un altro discorso che stavamo facendo
con compare Cinghialenta.
E Pizzuto aggiunse:
- Sì, è venuto l'uomo dalla città, e ha
detto che per questa sera la roba è là, ma sarà un affare grosso sbarcarla
con questo tempo.
- Tanto meglio; così nessuno ci vede a
sbarcarla.
- Sì, ma le guardie hanno l'orecchio fino;
e badate che m'è parso di vederle ronzare qui davanti, e guardare dentro la
bottega.
Allora successe un momento di silenzio, e
compare Vanni, per finirla, andò a riempire tre bicchieri di erbabianca.
- Me ne impipo delle guardie! - esclamò
Rocco Spatu dopo che ebbe bevuto. - Peggio per loro se vengono a mettere il naso
nei fatti miei: ho qui il mio temperino che non fa tanto chiasso come le loro
pistole.
- Noi ci buschiamo il pane come possiamo, e
non vogliamo far male a nessuno! - aggiunse Cinghialenta. - O che uno non è più
padrone di farsi sbarcare la roba dove vuole?
- Loro stanno a spasso come i ladri, per
farsi pagare il dazio di ogni fazzoletto da naso che volete portare a terra, e
nessuno li prende a schioppettate; - aggiunse 'Ntoni Malavoglia. - Sapete che
cos'ha detto don Giammaria? che rubare ai ladri non è peccato. E i primi ladri
son quelli coi galloni, che ci mangiano vivi.
- Vogliamo farne tonnina! - conchiuse Rocco
Spatu, cogli occhi lucenti al pari di un gatto.
Ma a quel discorso il figlio della Locca posò
il bicchierino senza accostarlo alla bocca, giallo come un morto.
- Che sei già ubbriaco? - gli chiese
Cinghialenta.
- No, - rispose lui - non ho bevuto.
- Esciamo fuori che l'aria aperta farà bene
a tutti. Buona notte a chi resta.
- Un momento! - gridò Pizzuto colla mano
sul battente. - Non è pei soldi dell'erbabianca; questa ve l'ho data per
niente, come amici che siete; ma vi raccomando, eh! La mia casa è qui per voi
altri, se l'affare va bene. Sapete che ci ho lì dietro una camera dove ci
starebbe un bastimento di roba, e nessuno ci mette il naso, ché con don Michele
e le sue guardie siamo come pane e cacio. Di compare Piedipapera non mi fido,
perché l'altra volta mi fece le corna, e andò a portare la roba in casa di don
Silvestro. Don Silvestro non si contenterebbe, mai di quel che gli dareste di
sua parte, col prestesto che arrischia di perdere il posto: ma con me non avete
questo timore, e mi darete quel ch'è giusto. E sì che a compare Piedipapera
non gli ho mai negato la senseria, e gli do il bicchierino ogni volta che viene
qui, e la barba gliela faccio per niente. Ma santo diavolone! se mi fa le corna
un'altra volta non voglio passare per minchione, e andrò a contare a don
Michele tutte queste bricconate.
- No, no! compare Vanni; non c'è bisogno
d'andarle a raccontare a don Michele! E Piedipapera s'è visto stasera?
- Neanche sulla piazza; era lì nella
spezieria a fare la repubblica collo speziale. Ogni volta che si fa il colpo
egli voga al largo, per provare che lui non ci entra in tutto quel che può
succedere. E' volpe vecchia e le palle delle guardie non lo coglieranno mai,
sebbene sia zoppo come il diavolo, Poi domattina, a cose fatte, verrà a
riscuotere la senseria, colla faccia tosta. Ma le palle le lascia per gli altri.
- Piove sempre! - disse Rocco Spatu. - Che
non vuol finire stanotte?
- Con questo tempaccio, non ci sarà nessuno
al Rotolo, - soggiunse il figlio della Locca - ed è meglio tornarsene a casa.
'Ntoni, Cinghialenta e Rocco Spatu, che
erano sulla soglia, davanti alla pioggia che scrosciava come il pesce nella
padella, rimasero un momento zitti, guardando nel buio.
- Minchione che sei! - esclamò Cinghialenta
per fargli coraggio; e Vanni Pizzuto adagio adagio chiuse l'uscio, dopo di aver
detto sottovoce:
- Sentite, veh! se vi accadesse qualche
disgrazia, voi non m'avete visto stasera! Il bicchierino ve l'ho dato per
l'amicizia, ma in casa mia non ci siete stati. Non mi tradite, che non ho
nessuno al mondo.
- Gli altri se ne andarono mogi mogi, sotto
la pioggia, rasente i muri. - E anche costui! - masticava fra i denti
Cinghialenta - che sta a sparlare di Piedipapera, e dice che non ha nessuno al
mondo. Almeno Piedipapera ci ha la moglie. E ci ho moglie anch'io! Ma io son di
quelli delle palle!...
In quel momento passavano quatti quatti
dietro l'uscio della cugina Anna, e Rocco Spatu disse che anche lui ci aveva la
mamma, la quale a quell'ora stava dormendo, beata lei.
- Chi può starsene fra le lenzuola, con
questo tempaccio, non va in giro di certo - conchiuse compare Cinghialenta.
'Ntoni fece segno di star zitti, e di
scantonare per la viottola, onde evitare di passare davanti alla sua casa, ché
Mena o il nonno potevano stare ad aspettarlo, e li avrebbero uditi.
- Non sta ad aspettar te, no, tua sorella -
gli diceva quell'ubbriacone di Rocco Spatu. - Se mai, aspetta don Michele!
'Ntoni allora voleva mangiargli l'anima,
mentre si trovava il coltello in tasca, e Cinghialenta chiese loro se erano
ubbriachi, a volersi quistionare per delle sciocchezze, mentre andavano a fare
quello che sapevano.
Mena infatti aspettava il fratello dietro
l'uscio, col rosario in mano, ed anche Lia, senza dir nulla di guello che
sapeva, ma pallida come una morta, E meglio sarebbe stato per tutti che 'Ntoni
fosse passato per la strada del Nero, invece di scantonare per la viottola. Don
Michele c'era stato davvero verso un'ora di notte, e aveva picchiato all'uscio.
- Chi è a quest'ora? - disse Lia, la quale
orlava di nascosto un fazzoletto di seta che don Michele infine era riuscito a
farle prendere.
- Son io, don Michele; aprite che devo
parlarvi di premura!
- Non apro perché tutti sono in letto e mia
sorella è di là ad aspettare 'Ntoni dietro l'uscio.
- Se vostra sorella vi sente ad aprire non
fa nulla. Si tratta appunto di 'Ntoni, ed è affare di premura. Non voglio che
vada in galera vostro fratello. Ma apritemi, che se mi vedono qui perdo il pane.
- Oh vergine Maria! - cominciò a dire
allora la ragazza. - Oh vergine Maria!
- Chiudetelo in casa, stanotte, vostro
fratello, come torna. Ma non gli dite che ci sono stato io. Ditegli che è
meglio che stia in casa. Diteglielo!
- Oh vergine Maria! Oh vergine Maria! -
ripeteva Lia colle mani giunte.
- Adesso è all'osteria, ma deve passar di
qua. Voi aspettatelo sull'uscio, che è meglio per lui.
Lia piangeva sottovoce, perché non udisse
sua sorella, col viso nelle mani, e don Michele la vedeva piangere, colla
pistola sulla pancia e i calzoni dentro gli stivali. - Per me stasera non c'è
nessuno che stia inquieto, o che si metta a piangere, comare Lia, ma anch'io
sono in pericolo come vostro fratello. Allora, se mi accade qualche disgrazia,
pensateci che son venuto ad avvertirvi ed ho arrischiato di perdere il pane per
voi!
Allora Lia alzò il viso dalle mani, e lo
guardò cogli occhi pieni di lacrime. - Dio ve la paga, don Michele, la carità!
- Io non voglio esser pagato, comare Lia;
l'ho fatto per voi e pel bene che vi voglio.
- Ora andatevene, che tutti dormono!
andatevene, per l'amor di Dio, don Michele! Don Michele se n'andò, ed ella
rimase dietro l'uscio a dire il rosario per suo fratello; e pregava il Signore
che lo mandasse da quelle parti.
Ma il Signore non ve lo mandò. Tutti e
quattro, 'Ntoni, Cinghialenta, Rocco Spatu e il figlio della Locca, filavano
quatti quatti lungo i muri della viottola, e come furono sulla sciara si
cavarono le scarpe, e stettero ad origliare un po', inquieti e colle scarpe in
mano.
- Non si sente nulla - disse Cinghialenta.
La pioggia continuava a cadere, e dalla sciara
non si udiva altro che il brontolare del mare là sotto.
- Non ci si vede nemmeno a bestemmiare -
disse Roccco Spatu. - Come faranno ad afferrare lo scoglio dei colombi
con questo scuro?
- Sono tutti gente pratica - rispose
Cinghialenta. - Conoscono le coste, palmo a palmo, ad occhi chiusi.
- Ma io non sento nulla! - osservò 'Ntoni.
- E' vero, non si sente nulla! - rispose
Cinghialenta. - Ma devono essere laggiù da un pezzo.
- Allora è meglio tornarsene a casa -
aggiunse il figlio della Locca.
- Tu ora che hai mangiato e bevuto non pensi
ad altro che a tornartene a casa; ma se non stai zitto ti butto in mare con una
pedata! - gli disse Cinghialenta.
- Il fatto è - brontolò Rocco - che mi
secca passar qui la notte, senza far nulla.
- Ora sapremo se ci sono o no -; e si misero
a fare lo strido della civetta.
- Se sentono le guardie di don Michele, -
disse 'Ntoni - correranno qui subito, perché con una notte come questa le
civette non vanno in giro.
- Allora è meglio andarcene, - piagnucolò
il figlio della Locca - giacché nessuno risponde.
Tutti e quattro si guardarono in volto,
sebbene non si vedessero, e pensarono a quel che aveva detto 'Ntoni di padron
'Ntoni.
- Che facciamo? - tornò a dire il figlio
della Locca.
- Scendiamo sulla strada, - propose
Cinghialenta; - se non c'è nessuno nemmeno là, vuol dire che non son venuti.
'Ntoni, mentre scendevano sulla strada
disse:
- Piedipapera è capace di venderci tutti
per un bicchiere di vino.
- Ora che non hai più il bicchiere dinanzi
- gli disse Cinghialenta, - hai paura anche tu.
- Andiamo, sangue del diavolo! Vi farò
vedere se ho paura.
Nello scendere adagio adagio per gli scogli,
tenendosi bene per non rompersi il collo, Spatu osservò sottovoce:
- Vanni Pizzuto a quest'ora è nel suo
letto, lui che se la prendeva con Piedipapera perché si acchiappa la senseria
senza far nulla.
- Orbè! - conchiuse Cinghialenta - se non
volete rischiar la pelle, dovevate restare a casa a dormire.
Nessuno fiatò più, e 'Ntoni andava
pensando, mentre metteva le mani avanti per vedere dove posava i piedi, che
compare Cinghialenta avrebbe potuto fare a meno di dir così, perché a ciascuno
in quei frangenti gli viene davanti agli occhi la sua casa, col letto e la Mena
che sonnecchiava dietro l'uscio.
Quell'ubbriacone di Rocco Spatu disse
infine:
- La nostra pelle non vale un baiocco.
- Chi va là! - udirono gridare a un tratto
dietro il muro della trada. - Fermi! fermi tutti!
- Tradimento! tradimento! - cominciarono a
gridare, mettendosi a fuggire per la sciara, senza badare più dove
mettevano i piedi.
Ma 'Ntoni che aveva già scavalcato il muro
si trovò a naso a naso con don Michele, il quale aveva la pistola in pugno.
- Sangue della madonna! - gridò Malavoglia
tirando fuori il coltello - voglio farvi vedere se ho paura della pistola!
La pistola di don Michele partì in aria, ma
eglì stramazzò come un bue, colpito al petto. 'Ntoni allora voleva fuggire,
saltando meglio di un capriolo, però le guardie gli furono addosso, intanto che
piovevano le schioppettate come la grandine, e lo gettarono a terra.
- Ora come farà la mia mamma! -
piagnucolava il figlio della Locca, mentre lo legavano peggio di Cristo.
- Non stringete tanto forte, sangue della
madonna! - urlava 'Ntoni - lo vedete che non posso più muovermi!
- Va là, va là, Malavoglia! - gli
rispondevano. - Il tuo conto è bello e aggiustato! - e lo spingevano a boccate
di carabina.
Mentre lo conducevano in caserma, legato
peggio di Cristo anche lui, e gli portavano dietro don Michele, sulle spalle
delle guardie, andava cercando cogli occhi dove fossero Cinghialenta e Rocco
Spatu. «L'hanno scampata!» diceva fra di sé «non hanno a temere più niente,
come Vanni Pizzuto e Piedipapera che dormono fra le lenzuola a quest'ora.
Soltanto a casa mia non dormono più, dacché hanno udito le schioppettate.»
Infatti quei poveretti non dormivano, e
stavano sulla porta, sotto la pioggia, come se avesse parlato loro il cuore;
mentre i vicini si voltavano dall'altra parte, e tornavano a domire,
sbadigliando: - Domani sapremo cos'è stato.
Sul tardi, appena principiò a rompere
l'alba, la gente si affollava davanti alla bottega di Pizzuto, che c'era ancora
il lumicino; e lì si faceva un gran chiacchierare di quel che era successo, in
quel diavolìo della notte.
- Hanno sorpreso il contrabbando e i
contrabbandieri; - raccontava Pizzuto - e don Michele ci ha buscato una
coltellata. - La gente guardava verso la porta dei Malavoglia, e faceva segno
col dito. Infine venne la cugina Anna, tutta spettinata, bianca come un cencio,
e non sapeva che dire. Padron 'Ntoni, come se gli parlasse il cuore domandò: -
E 'Ntoni? Sapete dov'è 'Ntoni? - L'hanno arrestato stanotte nel contrabbando,
insieme al figlio della Locca! - rispose la cugina Anna, la quale aveva perduto
la testa. - Hanno ammazzato don Michele!
- Ah! mamma mia! - gridò il vecchio
cacciandosi le mani nei capelli; ed anche la Lia si era cacciate le mani nei
capelli. Padron 'Ntoni, sempre colle mani in testa, non faceva altro che dire -
Ah! mamma mia! Ah! mamma mia!
Sul tardi venne Piedipapera, colla faccia
angustiata, picchiandosi la fronte: - Avete sentito, eh, padron 'Ntoni, che
disrazia! Io son rimasto di sale quando l'ho saputo. - Comare Grazia, sua
moglie, piangeva davvero, poveretta, vedendo come le disrazie fioccavano nella
casa dei Malavoglia. - Tu che ci vieni a fare? - gli diceva sottovoce suo
marito, tirandola vicino alla finestra. - Tu non ci entri. Adesso a bazzicare in
questa casa si tira addosso gli occhi degli sbirri.
La gente perciò non si affacciava nemmeno
all'uscio dei Malavoglia. Solo la Nunziata, appena sentita la notizia, aveva
affidato i ragazzi al più grandicello, e raccomandata la sua casa alla vicina,
ed era corsa da comare Mena, a piangere con lei, come una che non aveva ancora
gli anni del giudizio. Gli altri stavano a godersi la vista da lontano, sulla
strada, o si affollavano come le mosche davanti alla caserma, per vedere come
sembrava 'Ntoni di padron 'Ntoni dietro la grata, dopo che aveva dato la
coltellata a don Michele; oppure correvano nella bottega di Pizzuto, il quale
vendeva acquabianca, e faceva la barba, e raccontava ogni cosa com'era stata,
parola per parola.
- I minchioni! - sentenziava lo speziale. -
Vedete chi si lascia prendere? i minchioni!
- Sarà un affare brutto! - aggiungeva don
Silvestro - la galera non gliela levano nemmeno col rasoio.
E don Giammaria andava a dirgli sul
mostaccio: - In galera non ci vanno quelli che dovrebbero andarci!
- Sicuro! non ci vanno! - rispondeva don
Silvestro colla faccia tosta.
- Al giorno d'oggi, - aggiungeva padron
Cipolla, giallo dalla bile - i veri ladri vi rubano il fatto vostro di
mezzogiorno, e in mezzo alla piazza. Vi si ficcano in casa, per forza, senza
rompere né porte né finestre.
- Come voleva fare in casa mia 'Ntoni
Malavoglia - aggiungeva la Zuppidda, venendo a filare la sua canapa nel
crocchio.
- Io te l'ho sempre detto, pace degli
angeli! - cominciava suo marito.
- Voi state zitto, che non sapete niente!
Guardate che giornata sarebbe venuta adesso per mia figlia Barbara, se non stavo
all'erta! Sua figlia Barbara stava alla finestra, per vedere passare fra gli
sbirri 'Ntoni di padron 'Ntoni quando l'avrebbero portato alla città.
- Di là non n'esce più - dicevano tutti. -
Sapete cosa c'è scritto alla Vicaria di Palermo? «Corri quanto vuoi che qui
t'aspetto!» e «il malo ferro se lo mangia la mola». Poveri diavoli!
- La buona gente non ci si mette a quel
mestiere! - sbraitava la Vespa. - I guai li ha chi li cerca. Vedete chi ci si
mette a queste cose? chi non fa altro mestiere, ed è un malarnese, come
Malavoglia, e il figlio della Locca! - Tutti dicevano di sì, che quando capita
un figlio di quella fatta è meglio che gli caschi la casa addosso. La sola
Locca andava cercando suo figlio, e si piantava davanti alla caserma delle
guardie, strepitando che glielo dessero, senza voler sentir ragione; e quando
andava a seccare suo fratello Campana di legno, e si piantava sugli scalini del
ballatoio per delle ore intere, coi capelli bianchi che svolazzavano, lo zio
Crocifisso gli diceva: - La galera ce l'ho in casa! Vorrei esserci io al posto
di tuo figlio! Cosa vuoi da me? Già il pane non te lo portava nemmeno lui!
- La Locca ci guadagna! - osservava don
Silvestro. - Ora che non ha più quel pretesto di averci chi la mantiene, la
metteranno all'Albergo dei poveri, e mangerà pasta e carne tutti i giorni. Se
no resta a carico del Comune.
E come tornavano a conchiudere che «il malo
ferro se lo mangia la mola», padron Fortunato soggiungeva:
- E' un buon affare anche per padron 'Ntoni.
Credete che non gliene mangi dei soldi quel malarnese di suo nipote? Io lo so
quel che vuol dire un figlio che vi fa questa riuscita! Ora glielo manterrà il
re.
Ma padron 'Ntoni invece di pensare a
risparmiare quei soldi, adesso che il nipote non glieli mangiava più, seguitava
a buttarglieli dietro, con avvocati e mangiacarte, quei soldi che costavano
tanto, e che erano destinati alla casa del nespolo. - Ora non abbiamo più
bisogno della casa, né di nulla! - diceva egli col viso pallido come quello di
'Ntoni, quando l'avevano condotto in città fra gli sbirri, e tutto il paese era
andato a vederlo colle mani legate e il fagotto delle camicie sotto il braccio,
che glielo aveva portato piangendo Mena, di sera, quando nessuno poteva vederla.
Il nonno era andato a cercare l'avvocato, quello delle chiacchiere, ché adesso,
dopo aver visto passare anche don Michele, mentre lo portavano all'ospedale, in
carrozza, colla faccia gialla lui pure, e la montura sbottonata, il povero
vecchio aveva paura, e non stava a cercare il pelo nell'uovo colle chiacchiere
dell'avvocato, purché gli sciogliessero le mani a suo nipote e lo lasciassero
tornare a casa; giacché gli pareva che 'Ntoni dopo quel terremoto dovesse
tornare a casa e starsene sempre con loro, come quando era ragazzo.
Don Silvestro gli fece la carità d'andar
con lui dall'avvocato, perché diceva che quando a un cristiano accade una
disrazia come quella dei Malavoglia, bisogna aiutare il prossimo colle mani e
coi piedi, fosse pure un birbante da galera, e fare il possibile per levarlo di
mano alla giustizia, per questo siamo cristiani e dobbiamo aiutare i nostri
simili. L'avvocato, dopo che ebbe udito ogni cosa, e si fu raccapezzato per
merito di don Silvestro, disse che era una bella causa, da buscarsi sicuro la
galera, se non c'era lui, e si fregava le mani. Padron 'Ntoni diventava molle
come un minchione al sentir parlare di galera; ma il dottor Scipioni gli batteva
sulla spalla, e gli diceva che non era dottore se non gliela facevano cavare con
quattro o cinque anni di prigione. - Cosa ha detto l'avvocato? - domandò Mena
appena vide comparire il nonno con quella faccia; e si mise a piangere prima di
udire la risposta. Il vecchio si strappava quei pochi capelli bianchi, e andava
come un pazzo per la casa, ripetendo: - Ah! perché non siamo morti tutti! -
Lia, bianca come la camicia, piantava tanto d'occhi in faccia a ciascuno che
parlava, senza potere aprir bocca. Poco dopo arrivò la citazione per
testimonianza a Barbara Zuppidda, a Grazia Piedipapera, a don Franco lo
speziale, e a tutti quelli che chiacchieravano nella piazza e nella bottega di
Pizzuto; sicché il paese intero si mise in subbuglio, e la gente si affollava
colla carta bollata in mano, e giurava che non sapeva nulla, com'è vero Dio!
perché non voleva averci a che fare colla giustizia. Accidenti a 'Ntoni e ai
Malavoglia che li tiravano pei capelli nei loro imbrogli. La Zuppidda strillava
come un'ossessa: - Io non so niente; io all'avemaria mi chiudo in casa, e non
sono come loro che vanno in giro per fare quello che fanno, o che stanno
sull'uscio per cicalare con gli sbirri.
- Alla larga col Governo! - aggiungeva don
Franco. - Sanno che sono repubblicano, e sarebbero contenti di acchiappare un
pretesto per farmi sparire dalla faccia della terra.
La gente si logorava il cervello a sapere
che cosa potessero dire in testimonianza la Zuppidda e comare Grazia e gli
altri, che non avevano visto niente, e le schioppettate l'avevano udite dal
letto, mentre dormivano. Ma don Silvestro si fregava le mani come l'avvocato, e
diceva che lo sapeva lui perché li avevano citati, ed era meglio per
l'accusato. Ogni volta che l'avvocato andava a parlare con 'Ntoni Malavoglia,
don Silvestro l'accompagnava alla prigione, quando non aveva nulla da fare; al
Consiglio adesso non ci andava nessuno, e le ulive erano raccolte. Anche padron
'Ntoni avea tentato d'andarci due o tre volte; ma com'era arrivato davanti a
quelle finestre colle inferriate, e i soldati col fucile che le guardavano, e
guardavano tutti coloro che entravano, si era sentito male allo stomaco, ed era
rimasto ad aspettare lì davanti, seduto sul marciapiedi, in mezzo a quelli che
vendevano castagne e fichidindia, e non gli pareva vero che il suo 'Ntoni fosse
là, dietro a quelle grate, coi soldati a guardia. L'avvocato poi tornava dal
chiacchierare con 'Ntoni fresco come una rosa, fregandosi le mani; e gli diceva
che suo nipote stava bene, anzi era ingrassato. Adesso al povero vecchio gli
pareva che suo nipote fosse dei soldati.
- Perché non me lo lasciano andare? -
domandava ogni volta come un pappagallo, o come un ragazzo che non sente
ragione, e voleva anche sapere se lo tenevano colle mani legate. - Lasciatelo
stare dov'è - gli rispondeva il dottor Scipioni. - In queste cose è meglio
farci passare del tempo sopra. Già non gli manca nulla, ve l'ho detto, e
ingrassa come un cappone. Le cose vanno bene. Don Michele è quasi guarito della
sua ferita, e anche questo per noi è una cosa buona. Non ci pensate, vi dico, e
tornatevene nella barca ché questo è affar mio.
- Non ci posso tornare nella barca, ora che
'Ntoni è carcerato; non ci posso tornare. Ognuno ci guarderebbe dove passiamo,
e poi non ho più la testa al suo posto, ora che 'Ntoni è carcerato.
E tornava a ripetere sempre la stessa cosa,
intanto che i denari se ne andavano come l'acqua, e tutti i suoi passavano le
giornate rincantucciati in casa, coll'uscio chiuso.
Finalmente arrivò il giorno della
citazione, e bisognava che quelli che ci erano scritti andassero al tribunale
coi loro piedi, se non volevano andarci coi carabinieri. Ci andò persino don
Franco, il quale lasciò il cappellaccio nero per comparire davanti alla
giustizia, ed era pallido peggio di 'Ntoni Malavoglia che stava dietro la grata
come una bestia feroce, coi carabinieri allato. Don Franco non ci aveva avuto
mai a fare con la giustizia, e gli rompeva le scarabattole dover comparire per
la prima volta davanti a quella manica di giudici e di sbirri che uno ve lo
mettono dietro la grata come 'Ntoni Malavoglia in un batter d'occhio.
Tutto il paese era andato a vedere che
faccia ci avesse dietro la grata 'Ntoni di padron 'Ntoni, in mezzo ai
carabinieri, e giallo come una candela, che non ardiva soffiarsi il naso per non
vedere tutti quegli occhi d'amici e di conoscenti che se lo mangiavano, e
voltava e rivoltava nelle mani il suo berretto, mentre il presidente, col robone
nero e la tovaglia sotto il mento, gli spifferava tutte le birbonate che aveva
fatto, ed erano scritte senza che vi mancasse una parola sulla carta. Don
Michele era là, giallo anche lui, seduto sulla sedia, di faccia ai giudei
che sbadigliavano e si facevano vento col fazzoletto. L'avvocato intanto
chiacchierava sottovoce col suo vicino, come se non fosse stato fatto suo.
- Per stavolta - mormorava la Zuppidda
all'orecchio della vicina, udendo tutte quelle porcherie che 'Ntoni aveva fatto
- la galera non gliela levano di certo.
C'era anche la Santuzza, per dire alla
giustizia dove era stato 'Ntoni e dove aveva passata quella sera.
- Guardate cosa vanno a domandare alla
Santuzza - borbottava la Zuppidda. - Son curiosa di sentire cosa risponderà,
per non spiattellare alla giustizia tutti i fatti suoi.
- Ma da noi che vogliono sapere? - domandò
comare Grazia.
- Vogliono sapere se è vero che la Lia se
la intendeva con don Michele, e che suo fratello 'Ntoni abbia voluto ammazzarlo
per tagliarsi le corna; me l'ha detto l'avvocato.
- Che vi venga il colera! - soffiò loro lo
speziale facendo gli occhiacci. - Volete che andiamo tutti in galera? Sappiate
che colla giustizia bisogna dir sempre di no, e che noi non sappiamo niente.
Comare Venera si rincantucciò nella
mantellina, ma segutò a borbottare - Questa è la verità. Li ho visti io cogli
occhi miei, e lo sa tutto il paese.
Quella mattina nella casa dei Malavoglia
c'era stata una tragedia, che il nonno, come aveva visto partire tutto il paese,
per andare a sentir condannare 'Ntoni, aveva voluto correre cogli altri, e Lia,
coi capelli arruffati, gli occhi pazzi e il mento che le ballava, avrebbe voluto
andare anche lei, e cercava la mantellina per la casa senza dir nulla, ma colla
faccia stravolta e le mani tremanti. Mena però l'aveva afferrata per le mani,
pallida anche lei, e le diceva: - No, tu non ci devi andare! tu non ci devi
andare! - e non le diceva altro. Il nonno aggiungeva che loro dovevano stare in
casa, a pregare la Madonna; - e il piagnisteo si udiva per tutta la strada del
Nero. Il povero vecchio appena fu alla città, nascosto dietro una cantonata,
vide passare suo nipote in mezzo ai carabinieri, e colle gambe che gli si
piegavano ad ogni passo andò a sedersi sulla scala del Tribunale in mezzo alla
gente che saliva e scendeva pei fatti suoi. Poi al pensare che tutta quella
gente andava a sentir condannare suo nipote, là in mezzo ai soldati, davanti ai
giudici, gli parve come se l'avesse abbandonato in mezzo a una piazza, o in un
mare in burrasca, e salì anche lui colla folla, levandosi sulla punta dei
piedi, per vedere la grata in alto, coi cappelli dei carabinieri, e le baionette
che luccicavano. 'Ntoni però non si vedeva, in mezzo a tutta quella gente, e il
povero vecchio pensava sempre che adesso suo nipote era dei soldati.
Intanto l'avvocato chiacchierava e
chiacchierava che le parole andavano come la carrucola di un pozzo. Diceva di
no, che non era vero che 'Ntoni Malavoglia avesse fatto tutte quelle birbonate.
Il presidente era andato a scavarle fuori per cacciare nei guai un povero
gliuolo, poiché questo era il suo mestiere. Ma infine come poteva dirlo il
presidente? L'aveva visto lui forse 'Ntoni Malavoglia quella notte, col buio che
faceva? «Alla casa del povero ognuno ha ragione» e «La forca è fatta pel
disgraziato». Il presidente senza darsene per inteso lo guardava cogli
occhiali, e i gomiti appoggiati sui libracci. Il dottor Scipioni tornava a dire
che voleva sapere dov'era il contrabbando! e da quando in qua un galantuomo non
potesse andare a spasso all'ora che gli pareva e piaceva, massime se ci aveva un
po' di vino in testa, per smaltirlo. Padron 'Ntoni allora affennava col capo, e
diceva di sì! di sì! colle lagrime negli occhi, ché avrebbe abbracciato in
quel momento l'avvocato il quale diceva che 'Ntoni era un ubbriacone. Ad un
tratto rizzò il capo. Questa era buona! questa che diceva l'avvocato valeva da
sola cinquanta lire: diceva che poiché volevano metterlo colle spalle al muro,
e volevano provargli come quattro e quattr'otto che 'Ntoni l'avevano acchiappato
proprio sul fatto, col coltello in mano, e gli avevano portato don Michle là
davanti, colla faccia da minchione per tanto di coltellata che s'era presa nello
stomaco: - Chi dice che gliel'ha data 'Ntoni Malavoglia? - predicava l'avvocato.
- Chi lo può provare? e chi lo sa se don Michele non se l'era data da sé la
coltellata, apposta per mandare in galera 'Ntoni Malavoglia? Ebbene volevano
saperlo? Il contrabbando non ci entrava proprio per nulla! Fra don Michele e
'Ntoni di padron 'Ntoni c'era della ruggine vecchia per affar di donne. - E
padron 'Ntoni tornava a far segno col capo, che se l'avessero fatto giurare
davanti al Crocifisso l'avrebbe giurato, e la sapeva tutto il paese, la storia
della Santuzza con don Michele, il quale si mangiava le mani dalla gelosia, dopo
che la Santuzza s'era incapricciata di 'Ntoni, e s'erano incontrati di notte con
don Michele, e dopo che il ragazzo aveva bevuto; si sa come succede quando non
ci si vede più dagli occhi. L'avvocato continuava: - Potevano domandarlo
un'altra volta alla Zuppidda, e a comare Venera, e a centomila testimoni, che
don Michele se la intendeva con la Lia, la sorella di 'Ntoni Malavoglia, e
ronzava là da quelle parti della strada del Nero tutte le sere per la ragazza.
L'avevano visto anche quella notte della coltellata!
Allora padron 'Ntoni non udi più nulla,
perché le orecchie gli si misero a zufolare, e vide per la prima volta 'Ntoni,
il quale s'era alzato anche lui nella gabbia, e strappava il berretto colle
mani, facendo certi occhi da spiritato, e voleva parlare, accennando col capo di
no, di no! I vicini portarono via il vecchio, credendo che gli fosse venuto un
accidente; e i carabinieri lo coricarono giusto nella camera dei testimoni, sul
tavolaccio, e gli buttarono l'acqua sulla faccia. Più tardi, mentre lo facevano
scendere per le scale, barcollante, reggendolo sotto le ascelle, la folla usciva
anch'essa come una fiumana, e si sentiva dire: - L'hanno condannato ai ferri,
per cinque anni. - In quel momento 'Ntoni usciva dall'altra porticina anche lui,
pallido, in mezzo ai carabinieri, ammanettato come un Cris|o.
La gnà Grazia si mise a correre verso il
paese, arrivò prima degli altri, con tanto di lingua fuori, perché la
malanuova la porta l'uccello. Appena vide Lia la quale aspettava sull'uscio,
come un'anima del purgatorio, le disse prendendole le mani, e tutta sottosopra
anche lei:
- Cosa avete fatto, scellerata! che al
giudice hanno detto che ve l'intendete con don Michele, e a vostro nonno gli è
venuto un accidente!
Lia non disse nulla, come non avesse udito,
e non gliene importasse niente. Rimase a guardarla cogli occhi sbarrati e la
bocca aperta. Infine adagio adagio cadde sulla sedia, e parve che le avessero
rotto le gambe in un colpo. Poi, dopo che fu stata un gran pezzo a quel modo,
sen~a muoversi e senza dire una parola, che comare Grazia le gettava l'acqua
sulla faccia, cominciò a balbettare: - Voglio andarmene! non voglio starci più
qui! - e l'andava dicendo al canterano, e alle seggiole, come una pazza, che
invano sua sorella le andava dietro piangendo: - Te l'aveva detto! te l'aveva
detto! - e cercava di afferrarla un'altra volta per le mani. La sera, come
portarono il nonno sul carro, e Mena era corsa ad incontrarlo, che oramai non si
vergognava più della gente, Lia uscì nel cortile e poscia nella strada, e se
ne andò davvero, e nessuno la vide più.