CAPITOLO XII
Padron
'Ntoni, ora che non gli era rimasto altri che Alessi pel governo della barca,
doveva prendere a giornata qualcheduno, o compare Nunzio, che era carico di
figliuoli, e aveva la moglie malata, o il figlio della Locca, il quale veniva a
piagnucolare dietro l'uscio che sua madre moriva di fame, e lo zio Crocifisso
non voleva dargli nulla, perché il colèra l'aveva rovinato, diceva con tanti
che erano morti e gli avevano truffati i denari, talché aveva preso il colèra
anche lui, ma non era morto, aggiungeva il figlio della Locca, e scuoteva il
capo tristamente. - Adesso ci avremmo da mangiare io e mia madre e tutto il
parentado, se fosse morto. Siamo stati a curarlo due giorni colla Vespa, che
pareva avesse ad andarsene da un momento all'altro, ma poi non è morto!
Però, quel che i Malavoglia guadagnavano
non bastava spesso a pagare lo zio Nunzio, o il figlio della Locca, e si doveva
metter mano a quei soldi raccolti con tanta fatica per la casa del nespolo. Ogni
volta che Mena andava a pigliare la calza sotto la materassa, lei e il nonno
sospiravano. Il povero figlio della Locca non ci aveva colpa; avrebbe voluto
farsi in quattro per guadagnarsi la sua giornata; era il pesce che non voleva
farsi prendere. E quando tornavano mogi mogi, sbattendo i remi e colla vela
allentata, il figlio della Locca diceva a padron 'Ntoni:Fatemi spaccar della
legna, o legar dei sarmenti; io posso lavorare sino a mezzanotte se credete,
come facevo collo zio Crocifisso. Non voglio rubarvela, la giornata.
Allora padron 'Ntoni, dopo averci pensato su
un pezzo, col cuore stretto, si decise a parlare colla Mena di quel che doveva
farsi oramai. Ella era giudiziosa come sua madre, e non c'era altri in casa per
parlarne, di tanti che c'erano prima! Il meglio era vendere la Provvidenza,
che non rendeva nulla, e si mangiava le giornate di compare Nunzio e del figlio
della Locca; se no quei soldi della casa se ne sarebbero andati tutti a poco a
poco. La Provvidenza era vecchia e aveva sempre bisogno che ci
spendessero dei denari per metterle delle toppe, e farla stare a galla. Più
tardi, se tornava 'Ntoni e spirava un po' di fortuna in poppa, come quando
avevano messo insieme quei denari della casa, avrebbero comprato un'altra barca
nuova, e l'avrebbero chiamata di nuovo la Provvidenza.
La domenica andò sulla piazza a parlarne a
Piedipapera dopo la messa. Compare Tino scrollava le spalle, dimenava il capo,
diceva che la Provvidenza era buona da mettere sotto la pentola, e così
parlando lo tirava sulla riva; là si vedevano le toppe, sotto la impeciatura
nuova, era come certe donnacce che sapeva lui, colle rughe sotto il corsetto; e
tornava a darci dei calci nella pancia, col piede zoppo. Del resto il mestiere
andava male; piuttosto che comprare, tutti avrebbero voluto vendere le loro
barche, e più nuove della Provvidenza. Poi, chi avrebbe potuto
comprarla? Padron Cipolla non voleva di quei vecchiumi. Quello era affare dello
zio Crocifisso. Ma in quel momento lo zio Crocifisso aveva altro per la testa,
con quell'ossessa della Vespa che gli faceva dannare l'anima, correndo dietro a
tutti gli uomini che c'erano da maritare nel paese. Infine, per la santa
amicizia, sarebbe andato a parlarne allo zio Crocifisso, nel buon momento, se
padron 'Ntoni voleva vendere ad ogni costo la Provvidenza per un pezzo di
pane; perché egli, Piedipapera, gli faceva fare quello che voleva lui, allo zio
Crocifisso.
Infatti, quando gliene parlò, tirandolo in
disparte verso l'abbeveratoio, lo zio Crocifisso rispondeva a spallate, e
dimenava il capo come Peppinino, e voleva scappargli dalle mani. Compare Tino,
poveraccio, lo afferrava pel giubbone, perché stesse a sentire per forza; gli
dava delle scrollate; lo abbracciava stretto per parlargli nell'orecchio. - Sì,
siete una bestia se vi lasciate scappare quell'occasione! per un pezzo di pane!
padron 'Ntoni la vende proprio perche non può tirare innanzi, ora che suo
nipote l'ha piantato. Ma voi potreste darla in mano a compare Nunzio, o al
figlio della Locca, che muoiono di fame, e verrebbero a lavorare per niente.
Tutto quello che buscheranno ve lo papperete voi. Siete una bestia, vi dico! La
barca è ben conservata, come se fosse nuova. Padron 'Ntoni se ne intendeva
quando l'aveva fatta fare. Questo è un affare d'oro, come quello dei lupini,
sentite a me!
Ma lo zio Crocifisso non voleva sentir
parlare di niente, che quasi quasi gli spuntavano le lagrime, con quella faccia
gialla, ora che aveva preso il colèra; e tirava per andarsene, e voleva
lasciargli il giubbone nelle mani. - Non me ne importa! - ripeteva. - Non me ne
importa niente. Voi non sapete cosa ci ho qui dentro, compare Tino! Tutti
vogliono succhiarmi il sangue come le sanguisughe, e prendersi il fatto mio. Ora
v'è anche Pizzuto che corre dietro la Vespa, tutti come cani da caccia!
- E voi prendetevela, la Vespa! O infine non
è sangue vostro, lei e la sua chiusa? Non sarà una bocca di più, no! che ha
le mani benedette quella donna, e non lo perderete il pane che gli darete da
mangiare! Ci avrete una serva in casa, senza darle salario, e vi prenderete
anche la chiusa. Sentite a me, zio Crocifisso, questo è un altro affare come
quello dei lupini!
Padron 'Ntoni intanto aspettava la risposta
davanti alla bottega di Pizzuto, e guardava come un'anima del Purgatorio quei
due che pareva si azzuffassero, per cercare di indovinare se lo zio Crocifisso
diceva di sì. Piedipapera veniva a dirgli quel che aveva potuto ottenere dallo
zio Crocifisso, e poi tornava a parlare con lui; e andava e veniva per la piazza
come la spola nel telaio, tirandosi dietro la sua gamba storta, finché riescì
a metterli d'accordo. - Benone! - diceva a padron 'Ntoni; e allo zio Crocifisso:
- Per un pezzo di pane! - così combinò anche la vendita di tutti gli attrezzi,
ché i Malavoglia non sapevano che farsene, ora che non possedevano più una
tavola sull'acqua, ma a padron 'Ntoni gli parve che gli strappassero le budella
dallo stomaco, come si portavano via le nasse, le reti, le fiocine, le canne, e
ogni cosa.
- Ci penserò io a trovarvi d'andare a
giornata, voi e vostro nipote Alessi, non dubitate - gli diceva Piedipapera. -
Bisogna che vi contentiate di poco, sapete! «Forza di giovane e consiglio di
vecchio.» Per la mia senseria poi mi rimetto al vostro buon cuore.
- «In tempo di carestia pane d'orzo» -
rispondeva padron 'Ntoni. «Necessità abbassa nobiltà.»
- Va bene, va bene, siamo intesi! -
conchiuse Piedipapera, e andò davvero a parlarne con padron Cipolla, nella
spezieria, dove don Silvestro era riuscito a tirarli un'altra volta, lui,
massaro Filippo e qualche altro pesce grosso, per discorrere degli affari del
Comune, che infine erano denari loro, ed è una minchioneria non contare per
nulla nel paese quando si è ricchi, e le tasse si pagano peggio degli altri. -
Voi che siete tanto ricco, potreste dargli del pane a quel poveraccio di padron
'Ntoni - soggiungeva Piedipapera. - A voi non vi farebbe nulla di prenderlo a
giornata con suo nipote Alessi; sapete che ne sa più di ogni altro del
mestiere, e si contenterebbe di poco, ché son proprio senza pane. Fareste un
affar d'oro, sentite a me, padron Fortunato.
Padron Fortunato, preso così in quel
momento, non seppe dir di no, ma dopo che ebbero tirato e stiracchiato un po'
sul prezzo; giacché i tempi erano magri, gli uomini non avevano da lavorare,
padron Cipolla faceva proprio un atto di carità a prendersi padron 'Ntoni.
- Sì, lo prendo se viene a dirmelo lui! Lo
credereste che mi porta il broncio dacché mandai in aria quel matrimonio di mio
figlio colla Mena? Eh? bell'affare che ci avrei fatto! Ed hanno il coraggio di
portarmi il broncio per giunta!
Don Silvestro, massaro Filippo, ed anche
Piedipapera, tutti, s'affrettavano a dire che padron Fortunato aveva ragione.
Brasi non gli lasciava più pace, dopo che gli avevano fatto venire il pensiero
di maritarlo, e correva dietro a tutte le donne come un gatto in gennaio ch'era
una sollecitudine continua pel povero padre. Ora era entrata in ballo anche la
Mangiacarrubbe, la quale s'era messa in testa di pigliarselo lei, Brasi Cipolla,
giacché era di chi se lo pigliava; lei almeno era una bella ragazza con tanto
di spalle, e non vecchia e spelata come la Vespa. Ma la Vespa aveva la sua
chiusa, e la Mangiacarrubbe non ci aveva altro che le sue trecce nere, dicevano
gli altri.
La Mangiacarrubbe sapeva quel che doveva
fare se si voleva pigliare Crasi Cipolla, ora che suo padre se l'era rimorchiato
di nuovo in casa pel colèra, e non andava a nascondersi più nella sciara,
o per le chiuse, o dallo speziale e nella sacristia. Ella gli passava davanti
lesta lesta, colle scarpette nuove; e passando si faceva urtare nel gomito, in
mezzo alla folla che veniva dalla messa; oppure lo aspettava sulla porta, colle
mani sul ventre, e il fazzoletto di seta in testa, e gli lasciava andare
un'occhiata assassina, di quelle che rubano il cuore, e si voltava ad
aggiustarsi le cocche del fazzoletto sul mento per vedere se le veniva dietro o
scappava in casa com'ei compariva in capo alla straduccia, e andava a
nascondersi dietro il basilico ch'era sulla finestra, con quegli occhioni neri
che se lo mangiavano di nascosto. Ma se Brasi si fermava a guardarla come un
bietolone, gli voltava le spalle, col mento sul petto tutta rossa, e gli occhi
bassi, masticandosi la cocca del grembiuie, che ognuno se la sarebbe mangiata
per pane. Infine, poiché Brasi non sapeva risolversi a mangiarsela per pane,
dovette acciuffarlo lei pei capelli, e gli disse: - Sentite compare Brasi, perché
volete togliermi la pace? Io lo so che non sono per voi. Ora è meglio che non
ci passiate più di qua, perchè più vi vedo e più vorrei vedervi, e ormai
sono la favola del paese; la Zuppidda si mette sulla porta ogni volta che vi
vede passare, e poi va a dirlo a tutti; ma farebbe meglio a tener d'occhi quella
civetta di sua figlia Barbara, che l'ha ridotta come una piazza questa strada,
tanta la gente che ci tira, e non va a dirlo quante volte passa e ripassa don
Michele, per vedere la Barbara alla finestra.
Con queste chiacchiere Brasi non si moveva
più dalla straduzza, che non l'avrebbero mandato via neanche a bastonate, ed
era sempre là intorno, a gironzare colle braccia penzoloni, il naso in aria e
la bocca aperta, come Giufà. La Mangiacarrubbe dal suo canto stava alla
finestra e cambiava ogni giorno fazzoletti di seta, e collane di vetr, come una
regina. - Tutto quello che aveva lo metteva alla finestra - andava dicendo la
Zuppidda, e quel bietolone di Brasi prendeva tutto per oro contante, ed era
imbestialito, che non aveva paura nemmeno di suo padre, se fosse venuto a
prenderlo a scapaccioni. - Questa è la mano di Dio per castigare la superbia di
padron Fortunato - diceva la gente. - Per lui sarebbe stato cento volte meglio
dare a suo figlio la Malavoglia, la quale almeno ci aveva quel po' di dote, e
non la spendeva in fazzoletti e collane. - Mena invece non ci metteva neppure il
naso alla finestra, perché non ci stava bene, adesso che le era morta la mamma,
e aveva il fazzoletto nero; e poi doveva anche badare a quella piccina, e farle
da mamma, e non aveva chi l'aiutasse nelle faccende di casa, tanto che doveva
andare anche al lavatoio, e alla fontana, e a portare il pane agli uomini,
quando erano a giornata; sicchè non era più come Sant'Agata, quando nessuno la
vedeva, e stava sempre al telaio. Adesso aveva poco tempo da stare al telaio.
Don Michele, dal giorno che la Zuppidda s'era messa a predicare sul ballatoio,
colla conocchia in mano, che voleva cavargli gli occhi con quella conocchia, se
tornava a bazzicar da quelle parti per la Barbara, passava e ripassava per la
strada del Nero dieci volte al giorno, onde mostrare che non aveva paura della
Zuppidda né della sua conocchia; e quando arrivava alla casa dei Malavoglia,
rallentava il passo e guardava dentro, per vedere le belle ragazze che
crescevano nella casa dei Malavoglia.
La sera gli uomini, tornando dal mare,
trovavano ogni cosa preparata; la pentola che bolliva, e la tovaglia sul desco;
oramai quel desco era troppo grande per loro, e ci si perdevano. Chiudevano
l'uscio e mangiavano in santa pace. Poi si mettevano a sedere sulla porta, coi
ginocchi fra le braccia, e si riposavano della giornata. Almeno non mancava
nulla, e non toccavano più i denari della casa. Padron 'Ntoni aveva sempre la
casa davanti agli occhi, là vicino, colle finestre chiuse, e il nespolo che si
affacciava sul muro del cortile. Maruzza non aveva potuto morire in quella casa;
né egli forse vi sarebbe morto; ma i denari cominciavano a raggranellarsi, e i
suoi ragazzi ci sarebbero tornati un giorno, ora che Alessi cominciava a farsi
uomo anche lui, ed era un buon figliuolo della pasta dei Malavoglia. Quando poi
avrebbero maritato le ragazze e ricomperata la casa, se potevano metter su anche
la barca, non avevano più nulla a desiderare, e padron 'Ntoni avrebbe chiuso
gli occhi contento.
La Nunziata e la cugina Anna venivano anche
loro a sedersi lì accanto sui sassi, a chiacchierare dopo cena con quei
poveretti, che erano rimasti soli e derelitti anch'essi, talché sembrava
fossero parenti. La Nunziata pareva che fosse a casa sua, e ci conduceva i suoi
piccini, come la chioccia. Alessi, seduto accanto a lei le diceva: - O che l'hai
finita oggi la tua tela? - oppure: - Lunedì ci andrai a vendemmiare da massaro
Filippo? Ora che viene il tempo delle ulive avrai sempre da buscartela la tua
giornata, anche se non hai roba da lavare; e potrai condurvi il tuo fratellino,
che ora glieli daranno due soldi al giorno. - La Nunziata, seria seria, gli
raccontava tutti i suoi progetti, e gli domandava dei consigli, e ragionavano
insieme in disparte, come se avessero già i capelli bianchi. - Hanno imparato
presto perché hanno visti guai assai! - diceva padron 'Ntoni - il giudizio
viene colle disgrazie. - Alessi, coi ginocchi fra le braccia, al pari del nonno
anche lui, domandava alla Nunziata:
- Mi vorrai per marito quando sarò grande?
- Ancora c'è tempo - rispondeva lei.
- Sì, c'è tempo, ma è meglio pensarci
adesso, così saprò quel che devo fare. Prima bisogna maritare la Mena, e la
Lia, quando sarà grande anche lei. Lia comincia a voler le vesti lunghe e i
fazzoletti colle rose, e tu pure ci hai i tuoi ragazzi da situare. Bisogna
arrivare a comprare la barca; la barca poi ci aiuterà a comprare la casa. Il
nonno vorrebbe avere un'altra volta quella del nespolo, e anche a me mi
piacerebbe, ché saprei dove andare a occhi chiusi, o di notte, senza battere il
naso; e c'è il cortile grande per gli attrezzi, e in due salti s'è al mare.
Poi, quando le mie sorelle saranno maritate, il nonno verrà a stare con noi, e
lo metteremo nella stanza grande del cortile, che c'entra il sole; così quando
non potrà più venire sul mare, povero vecchio, se ne starà accanto all'uscio
nel cortile, e nell'estate ci avrà lì vicino il nespolo per fargli ombra. Noi
prenderemo la camera dell'orto, ti piace? e ci avrai accanto la cucina: così
avrai ogni cosa sotto la mano, non è vero? Quando poi tornerà mio fratello 'Ntoni
gliela daremo a lui, e noi andremo a stare sul solaio. Tu non avrai che a
scendere la scaletta per essere in cucina o nell'orto.
- In cucina vuol essere rifatto il focolare
- disse Nunziata. - L'ultima volta che ci cuocevo la minestra, quando la povera
comare Maruzza non aveva animo di far nulla, la pentola bisognava tenerla su coi
sassi.
- Sì, lo so! - rispondeva Alessi, col mento
sulle mani, e approvando colla testa. Aveva gli occhi incantati, quasi vedesse
la Nunziata davanti al focolare, e la mamma che si disperava accanto al letto. -
Anche tu potresti andare al buio per la casa del nespolo, tante volte ci sei
stata. La mamma diceva sempre che sei una buona ragazza.
- Ora ci hanno messo le cipolle nell'orto, e
son venute grosse come arancie.
- Che ti piacciono a te le cipolle?
- Per forza mi piacciono. Aiutano a mangiare
il pane e costano poco. Quando non abbiamo denari per la minestra ne mangiamo
sempre coi miei piccini.
- Per questo se ne vendono tante. Allo zio
Crocifisso non gliene importa di aver cavoli e lattughe, perché ci ha l'altro
orto di casa sua, e l'ha messo tutto a cipolle. Ma noi ci metteremo pure i
broccoli, e i cavolfiori... Buoni, eh?
La ragazzetta, accoccolata sulla soglia, coi
ginocchi fra le braccia, guardava lontano anche lei; e poi si mise a cantare,
mentre Alessi stava ad ascoltare, tutto intento. Infine disse:
- Ma ancora c'è tempo.
- Sì; - affermò Alessi - prima bisogna
maritare la Mena, ed anche la Lia, e situare i tuoi piccini. Ma è meglio
pensarci adesso.
- Quando canta la Nunziata - disse Mena -
affacciandosi sull'uscio, è segno che il giorno dopo farà bel tempo e potrà
andare al lavatoio. - La cugina Anna era nello stesso caso, perché la sua
chiusa e la sua vigna erano il lavatoio, e la sua festa era quando aveva della
roba per le mani, tanto più ora che suo figlio Rocco faceva festa all'osteria
da un lunedì all'altro, per smaltire il malumore che gli aveva ficcato in corpo
quella civetta della Mangiacarrubbe.
- Ogni male non viene per nuocere - le
diceva padron 'Ntoni. - Forse in tal modo metterà giudizio, il vostro Rocco.
Anche al mio 'Ntoni gli gioverà stare lontano da casa sua; così quando tornerà,
e sarà stanco di girare il mondo, ogni cosa gli sembrerà buona, e non si
lamenterà più di tutto, e se arriviamo un'altra volta ad avere delle barche
sull'acqua, e a mettere i nostri letti laggiù, in quella casa, vedrete che
bello starsi a riposare su quell'uscio, la sera quando si toma a casa stanchi, e
che la giornata è andata bene; e veder il lume in quella camera dove l'avete
visto tante volte, e ci avete viste tutte le facce care che avete avuto al
mondo. Ma ora tanti se ne sono andati, ad uno ad uno, che non tornano più, e la
camera è buia e colla porta chiusa, come se quelli che se ne sono andati
avessero portato la chiave in tasca per sempre.
- 'Ntoni non doveva andarsene! - soggiunse
il vecchio dopo un pezzetto. - Doveva saperlo che son vecchio, e se muoio io
quei ragazzi non hanno più nessuno.
- Se compreremo la casa del nespolo mentre
egli è lontano, non gli parrà vero quando tornerà - disse Mena - e verrà a
cercarci qui.
Padron 'Ntoni scosse il capo tristamente.
- Ma ancora c'è tempo! - disse infine anche
lui, come la Nunziata; e la cugina Anna soggiunse:
- Se 'Ntoni torna ricco la comprerà lui la
casa.
Padron 'Ntoni non rispondeva nulla; ma tutto
il paese sapeva che 'Ntoni doveva tornare ricco, dopo tanto tempo ch'era andato
a cercar fortuna, e molti già lo invidiavano, e volevano lasciar ogni cosa e
andarsene a caccia della fortuna, come lui. Infine non avevano torto, perché
non lasciavano altro che delle donnicciuole a piagnucolare; e solo chi non gli
bastava l'animo di lasciare la sua donnicciuola, era quella bestia del figlio
della Locca, che aveva quella sorta di madre che sapete, e Rocco Spatu, il quale
ce l'aveva alla taverna, l'animo.
Ma per fortuna delle donnicciuole, tutt'a un
tratto si venne a sapere che era tornato 'Ntoni di padron 'Ntoni, di notte, con
un bastimento catanese, e che si vergognava di farsi vedere senza scarpe. Se
fosse stato vero che tornava ricco, i denari non avrebbe avuto dove metterli
tanto era lacero e pezzente. Ma il nonno e i fratelli gli fecero festa
ugualmente, come se fosse venuto carico di denari, e le sorelle gli si appesero
al collo, ridendo e piangendo che 'Ntoni non conosceva più la Lia, tanto s'era
fatta grande e gli dicevano: - Ora non ci lascerai più, non è vero?
Il nonno si soffiava il naso anche lui, e
brontolava: - Adesso posso morire tranquillo, ora che quei ragazzi non
rimarranno più soli e in mezzo a una strada.
Ma per otto giorni 'Ntoni non ebbe il
coraggio di metter piede nella strada. Come lo vedevano tutti gli ridevano sul
naso, e Piedipapera andava dicendo: - Avete visto le ricchezze che ha riportato
'Ntoni di padron 'Ntoni? - E quelli che ci avevano messo un po' di tempo a fare
il fagotto, colle scarpe e le camicie, prima di avventurarsi a quella
minchioneria di lasciare il paese, si tenevano la pancia dal ridere.
Quando uno non riesce ad acchiappare la
fortuna è un minchione, questo si sa. Don Silvestro, lo zio Crocifisso, padron
Cipolla, e massaro Filippo non erano minchioni, e tutti facevano loro festa,
perché quelli che non hanno niente stanno a guardare a bocca aperta i ricchi e
i fortunati, e lavorano per loro, come l'asino di compare Mosca, per un pugno di
paglia, invece di tirar calci, e mettersi sotto i piedi il carretto, e sdraiarsi
sull'erba colle zampe in aria. Aveva ragione lo speziale che bisognava dare un
calcio al mondo come era fatto adesso, e rifarlo da capo. Anche lui, colla sua
barbona, che predicava di cominciar da capo, era di quelli che avevano
acchiappato la fortuna, e la teneva negli scarabattoli, e si godeva il ben di
Dio stando sulla porta della bottega, a chiacchierare con questo o con
quell'altro, e quando aveva pestato quel po' d'acqua sporca nel mortaio, aveva
fatto il suo lavoro. Che bel mestiere gli aveva insegnato suo padre a colui, di
far denari coll'acqua delle cisterne! Ma a 'Ntoni suo nonno gli aveva insegnato
il mestiere di rompersi le braccia e la schiena tutto il giorno, e arrischiare
la pelle, e morir di fame, e non aver mai un giorno da sdraiarsi al sole come
l'asino di Mosca. Un ladro di mestiere che si mangiava l'anima, per la madonna!
e ne aveva fino al naso, che preferiva fare come Rocco Spatu, il quale almeno
non faceva nulla. Già adesso non gliene importava più della Zuppidda e della
Sara di comare Tudda e di tutte le ragazze del mondo. Esse non cercano che di
pescare un marito il quale lavori peggio di un cane per dar loro da mangiare, e
comprarle dei fazzoletti di seta, quando si mettono sull'uscio la domenica,
colle mani sulla pancia piena. Piuttosto voleva starci lui, colle mani sulla
pancia, la domenica e il lunedì ed anche gli altri giorni, giacché è inutile
affaticarsi per nulla.
Così 'Ntoni faceva il predicatore, come lo
speziale; almeno aveva imparato questo nel viaggio, ed ora aveva aperto gli
occhi, come i gattini dopo i quaranta giorni che son nati. «La gallina che
cammina torna a casa colla pancia piena.» Se non altro egli se l'era riempita
di giudizio, la pancia, e andava a raccontare quello che aveva imparato sulla
piazza, nella bottega di Pizzuto, ed anche all'osteria della Santuzza. Ora non
ci andava più di nascosto all'osteria della Santuzza, che s'era fatto grande, e
il nonno non gli avrebbe tirato le orecchie alla fin fine; ed egli avrebbe
saputo rispondere il fatto suo se gli rimproveravano di andare a cercarsi quel
po' di bene che poteva.
Il nonno, poveraccio, invece di prenderlo
per le orecchie, lo prendeva colle buone. - Vedi, - gli diceva - ora che sei qua
tu ci arriveremo presto a fare i denari della casa - gli cantava sempre la
canzone della casa. - Lo zio Crocifisso ha detto che non la darà ad altri. Tua
madre, poveretta, non ha potuto morirci, lei! Sulla casa potremo anche dare la
dote a Mena. Poi, coll'aiuto di Dio, metteremo su un'altra barca; perché, devo
dirtelo, alla mia età l'è dura andare a giornata, e vedersi comandare a
bacchetta, quando si è stati padroni. Anche voialtri siete nati padroni. Vuoi
che compriamo prima la barca coi denari della casa? Ora sei grande, e devi dirla
anche tu la tua parola, perché devi avere più giudizio di me, che son vecchio.
Cosa vuoi fare?
Nulla voleva fare, lui! Che gliene importava
della barca e della casa? Poi veniva un'altra malannata, un altro colèra, un
altro guaio, e si mangiava la casa e la barca, e si tornava di nuovo a fare come
le formiche. Bella cosa! E poi quando si aveva la casa e la barca, che non si
lavorava più? o si mangiava pasta e carne tutti i giorni? Mentre laggiù,
dov'era stato lui, c'era della gente che andava sempre in carrozza, ecco quello
che faceva. Gente appetto dei quali don Franco ed il segretario lavoravano come
tanti asini a sporcar cartacce, e a pestare l'acqua sporca nel mortaio. Almeno
voleva sapere perché al mondo ci doveva essere della gente che se la gode senza
far nulla, e nasce colla fortuna nei capelli, e degli altri che non hanno
niente, e tirano la carretta coi denti per tutta la vita?
Poi quella storia d'andare a giornata non
gli andava affatto, a lui ch'era nato padrone, l'aveva detto anche il nonno.
Vedersi comandare a bacchetta, da gente che erano venuti su dal nulla che tutti
lo sapevano, in paese, come avevano fatto i loro denari a soldo a soldo, sudando
ed affaticandosi! A giornata ci andava proprio perché il nonno ve lo conduceva,
e non gli bastava ancora l'anima di dir di no. Ma quando il soprastante gli
stava addosso come un cane, e gli gridava dalla poppa: - Oh! laggiù, ragazzo!
che facciamo? - gli veniva voglia di dargli del remo sulla testa, e preferiva
starsene ad aggiustare le nasse, e rifare le maglie delle reti, seduto sulla
riva, colle gambe distese, e la schiena appoggiata ai sassi; che allora se pure
stava un momento colle mani sotto le ascelle nessuno diceva nulla.
Là veniva anche a stirarsi le braccia Rocco
Spatu, e Vanni Pizzuto, quando non aveva che fare, fra una barba e l'altra, ed
anche Piedipapera, che era il suo mestiere di chiacchierare con questo e con
quello per cercare le senserie. E si discorrgva di ciò che succedeva in paese,
di quello che donna Rosolina aveva raccontato a suo fratello, sotto il sigillo
della confessione, quando era stato il tempo del colèra, che don Silvestro le
aveva truffato le 25 onze, e non poteva andare dal giudice, perché le 25 onze
donna Rosolina le aveva rubate a suo fratello il vicario, e si sarebbe saputo il
motivo per cui aveva dato in mano a don Silvestro quel denaro, per sua vergogna!
- Poi, - osservò Pizzuto - donde l'erano
venute le 25 onze a donna Rosolina? «Roba rubata non dura.»
- Almeno erano sempre nella casa; - diceva
Spatu - se mia madre avesse 12 tarì, e glieli prendessi, che passerei per
ladro?
Di ladro in ladro vennero a parlare di zio
Crocifisso, il quale aveva perso più di trenta onze, dicevano, con tanta gente
che era morta di colèra, e gli erano rimasti i pegni. Ora Campana di legno, per
non saper che fare di tutti quegli anelli e di tutti quegli orecchini rimastigli
in pegno, si maritava con la Vespa; la cosa era certa, che l'avevano visto
persino andare a garsi scrivere al Municipio, presente don Silvestro. - Non è
vero che se la piglia per gli orecchini - diceva Piedipapera, il quale poteva
saperlo. - Gli orecchini e le collane alla fin fine sono d'oro e d'argento
colato, e avrebbe potuto andare a venderli alla città; anzi ci avrebbe
guadagnato il tanto per tanto sui denari che ha dati. Se la piglia perché la
Vespa gli fece vedere e toccare con mano che stava per andare dal notaio, con
compare Spatu, ora che la Mangiacarrubbe s'è tirato in casa Brasi Cipolla.
Scusate veh! compare Rocco.
- Niente niente, compare Tino - rispose
Rocco Spatu. - A me non me ne importa; perché chi si fida di quelle canaglie di
femmine, è un porco. Per me la mia innamorata è la Santuzza, che mi fa
credenza quando voglio; e ne vuol due delle Mangiacarrubbe nella sua bilancia!
con quel petto, eh? compare Tino?
- Ostessa bella conto caro! - disse Pizzuto
sputacchiando.
- Cercano il marito per farsi mantenere da
lui! - aggiunse 'Ntoni. - Tutte le stesse! - E Piedipapera seguitò: - Lo zio
Crocifisso allora corse trafelato dal notaio, che aveva il fiato ai denti. Così
se la piglia la Vespa.
- Bella sorte, eh? quella della
Mangiacarrubbe! - esclamò 'Ntoni.
- Brasi Cipolla, da qui a cent'anni che
muore suo padre, se Dio vuole, sarà ricco come un maiale - disse Spatu.
- Adesso suo padre fa il diavolo, ma col
tempo chinerà il capo. Non ha altri figli, e non gli resta altro che maritarsi
se non vuole che la sua roba se la goda la Mangiacarrubbe alla sua barba.
- Io ci ho gusto - conchiuse 'Ntoni. - La
Mangiacarrubbe non ha niente. O perché padron Cipolla deve essere ricco
soltanto lui?
Qui prese parte al discorso lo speziale, il
quale veniva a fumare la sua pipa sulla riva, dopo desinare, e pestava l'acqua
nel mortaio che così il mondo non andava bene, e bisognava buttare in aria ogni
cosa, e rifar da capo. Ma con quella gente lì, era proprio come pestar l'acqua
nel mortaio. Il solo che ne capisse qualche cosa era 'Ntoni, che aveva visto il
mondo, e aveva aperto un po' gli occhi come i gattini; da soldato gli avevano
insegnato a leggere, perciò andava anche lui sulla porta della spezieria, a
sentire quello che diceva il giornale, e a chiacchierare collo speziale, il
quale era un buon diavolaccio con tutti, e non aveva pel capo i fumi di sua
moglie, la quale lo sgridava: - O tu perché t'immischi negli affari che non ti
riguardano?
Le donne bisogna lasciarle dire, e far le
cose di nascosto - diceva don Franco appena la Signora se ne saliva nelle sue
stanze. Lui non aveva difficoltà di starsene in sinedrio anche con quelli senza
scarpe purché non mettessero i piedi sui regoli delle scranne, e spiegava loro
parola per parola quello che diceva il giornale, mettendoci il dito, che il
mondo avrebbe dovuto andare come era scritto là.
Don Franco, arrivando sul greto quando gli
amici tenevano quei discorsi, ammiccava a 'Ntoni Malavoglia, il quale rimendava
le maglie delle reti colle gambe distese e la schiena appoggiata ai sassi, e gli
faceva dei cenni col capo, scuotendo la barbona in aria. - Eh! bella giustizia
che certuni abbiano a rompersi la schiena contro i sassi, e degli altri stiano
colla pancia al sole, a fumar la pipa, mentre gli uomini dovrebbero essere tutti
fratelli, l'ha detto Gesù, il più gran rivoluzionario che ci sia stato, e i
suoi preti al giorno d'oggi fanno i birri e le spie! Non lo sapevano che
l'affare di don Michele colla Santuzza l'aveva scoperto don Giammaria, nella
confessione?
- Altro che don Michele! La Santuzza ci ha
massaro Filippo e don Michele ronza sempre per la via del Nero, senza nessuna
paura di comare Zuppidda e della sua conocchia! Lui ci ha la pistola.
- Tutte e due vi dico! Coteste che si
confessano ogni domenica hanno il sacco grande da metterci i peccati; per questo
la Santuzza porta la medaglia sul petto! per coprire le porcherie che ci stan
sotto.
- Don Michele perde il tempo colla Zuppidda;
il segretario ha detto che vuol farla cascare coi suoi piedi come una pera
matura.
- Ma sì! Intanto don Michele si diverte
colla Barbara, e con le altre che stanno nella via. - Lo so io - e ammiccava di
soppiatto a 'Ntoni. - Non ha niente da fare, e ogni giorno ha i suoi quattro tarì
di soldo.
- Quello che dico sempre! - ripeteva lo
speziale tirandosi la barba. - Tutto il sistema è così; pagar degli
sfaccendati per non far niente, e farci le corna, a noi che li paghiamo! ecco
cos'è. Della gente che ha quattro tarì al giorno per stare a passeggiare sotto
le finestre della Zuppidda; e don Giammaria che si pappa la lira al giorno per
confessare la Santuzza, e sentire le porcherie che gli racconta; e don Silvestro
che... so io! e mastro Cirino che è pagato per romperci gli stivali colle sue
campane, ma i lumi poi non li accende, e si mette in tasca l'olio, ché, lì, al
municipio poi ci son altre porcherie! in fede mia! E volevano far casa nuova di
tutti nella baracca, ma poi si sono intesi un'altra volta, don Silvestro e gli
altri, e non ne hanno parlato più... Tale e quale come quegli altri ladri del
Parlamento, che chiacchierano e chiacchierano fra di loro: ma ne sapete niente
di quel che dicono? Fanno la schiuma alla bocca, e sembra che vogliano prendersi
per capelli di momento in momento, ma poi ridono sotto il naso dei minchioni che
ci credono. Tutte vesciche pel popolo che paga i ladri e i ruffiani, e gli
sbirri come don Michele. - Che bella cosa, disse 'Ntoni, quattro tarì al giorno
per andare a passeggiare di qua e di là. Io vorrei essere guardia doganale.
- Ecco! ecco! - esclamò don Franco cogli
occhi che schizzavano dalla testa. - Vedete la conseguenza del sistema! La
conseguenza è che tutti diventano canaglie. Non vi offendete compare 'Ntoni. «Il
pgsce puzza dalla testa.» Anch'io sarei come voi, se non avessi studiato, e non
avessi quel mestiere da guadagnarmi il pane.
Infatti dicevano che era un bel mestiere
quello che gli aveva insegnato suo padre allo speziale, di pestare nel mortaio,
e di far denari coll'acqua sporca; mentre c'era gente che doveva cuocersi le
corna al sole, e cavarsi gli occhi colle maglie delle reti, e prendersi il
granchio alle gambe e alla schiena per guadagnarsi dieci soldi; e così
lasciarono le reti e le chiacchiere, e se ne tornarono all'osteria sputacchiando
per la strada.