La ninfa ogni giorno, quando il disco solare cominciava a
scendere verso occidente, lasciava la spiaggia dove erano
le proprie sorelle e si dirigeva verso la scogliera. Li
stava ad attenderla Aci, un pastorello del luogo di cui
la ninfa era innamorata. Il giovane pastore era figlio
del dio Pan, protettore dei monti e dei boschi .
Aci amava Galatea tanto quanto lei e appena la ninfa
spuntava gli occhi gli si riempivano di gioia e il cuore
gli batteva, cosi forte che i battiti si mescolavano a i
suoni della natura.
"dolce amore sono qui, come potrei vivere senza
di te", diceva Galatea appena giunta.
E Aci ogni qualvolta, ella arrivava, gli
ripeteva:"Rimani sempre con me, la mia capanna
immersa nel bosco, al di là della collina, sarà la
nostra dimora d'amore".
Galatea sapeva che non gli era concesso allontanarsi per
sempre dalla regia di Poseidone, dio di tutti i mari, ma
ugualmente rincuorava il suo amato: "Ogni giorno
che il mare carezzerà questa incantevole spiaggia io
sarò con te".
I due amanti stretti nel loro amore attendevano le prime
ombre della sera, che pian piano scendevano dalle colline
fino al mare e,che segnavano il loro quotidiano
distacco.
"Amore a domani", così dicendo Galatea
tornava ad immergersi nelle spumeggianti acque
dell'arcipelago lacheo.
Una mattina i gioiosi giochi delle ninfe furono
interrotti da un satiro messaggero di Polifemo.
"oh ninfa galatea il grande Polifemo desidera che
tu venga con me", esclamò subito. La dolce
galatea, sorpresa, non ebbe il tempo di aprir bocca che
il satiro: "Io ti condurrò nella sua dimora
affinché tu diventi la sua sposa".
Galatea irruppe in pianto. Le ninfe allora le si
avvicinarono e la consolarono. Poi la dolce ninfa ancora
con le lacrime agli occhi disse rivolta al satiro: "Va da Polifemo e digli che sono lusingata della
sua proposta, ma io non posso amarlo perchè il mio cuore è già di Aci".
Detto questo la ninfa si lasciò nuovamente andare allo
sconforto: "perché, perché proprio io, dolce
amore che stai nei boschi ancora all'oscuro dei tormenti
che ci attendono".
Intanto il satiro con la cattiva notizia era giunto
davanti all'ingresso della grotta di Polifemo.
Il Ciclope sentitolo arrivare gli si fece incontro.
"Dimmi satiro dov'è Galatea?"
Il satiro timoroso tentennava ma poi non poté fare a
meno di raccontargli tutto.
Un urlo bestiale uscì dalla gola del terribile Ciclope.
Sradicati decine di alberi con le sue possenti mani,
prese il satiro e lo lancio contro una roccia. Colmo di
rabbia cominciò a battere con i pugni sulle pareti della
grotta, e lo sconquasso fece tremare tutta la montagna.
"Maledetto Aci, tu piccolo insignificante
pastorello rubi a me signore di questi luoghi, figlio di Poseidone, l'amore di
Galatea". Il Ciclope ancora
pieno d'ira si incammino verso la spiaggia con nefaste
intenzioni.
Intanto Aci e Galatea si erano incontrati come al solito
e la ninfa, ancora con gli occhi arrossati aveva
raccontato tutto al suo pastorello.
"Amor mio asciugati le lacrime, basta esser
tristi, ti giuro che mai, ne Polifemo, ne altri mostri
potranno dividerci". Aci, dette queste parole,
strinse la ninfa in un tenero abbraccio, poi Galatea come
al solito si immerse nell'acqua per andare via.
Mentre Aci si stava incamminando per il bosco, pensando
ancora al suo amore, gli apparse il terribile Polifemo.
Il Ciclope accecato dalla gelosia sradicò dal suolo una
enorme roccia e la lanciò addosso ad Aci,
schiacciandolo. -
Il corpo del povero pastorello era, lì, sotto la roccia
senza più vita.
Appena la notizia giunse a Galatea questa accorse dove
era il corpo di Aci. Alla vista del suo amore gli si gettò addosso piangendo tutte le lacrime che aveva in
corpo. Il pianto senza fine di Galatea destò la
compassione degli Dei che vollero attenuare il suo
tormento trasformando Aci in un bellissimo fiume che
scende dall'Etna e sfocia nel tratto di spiaggia dove
solevano incontrarsi i due amanti.
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